Nonostante i mille ostacoli, ripartono i negoziati tra l’Argentina e gli hedge fund creditori. Intanto, però, stanno scattando i pagamenti sui Credit default swaps, strumenti derivati che funzionano come polizze assicurative contro il fallimento del sottostante (in questo caso il debito sovrano di Buenos Aires). I grandi fondi speculativi degli Stati Uniti ne hanno sottoscritti molti, ritrovandosi così a ricoprire un doppio ruolo: da una parte, in veste di creditori, esigono il pagamento completo di bond da loro comprati a prezzi di saldo, spingendo quindi il Paese verso la bancarotta; dall’altro, in caso di mancata plusvalenza sui titoli di Stato, si assicurano un abbondante profitto con i Cds.
Secondo l’International Swaps and Derivatives Association, il default argentino ha fatto scattare richieste di rimborsi per un miliardo di dollari. L’allarme è stato lanciato da Citigroup, una delle banche che custodiscono titoli di debito per conto di Buenos Aires.
Fin qui, però, si vede solo la punta dell’iceberg: la massa dei contratti derivati sull’Argentina è pari ad almeno 20 miliardi di dollari (ma al netto delle operazioni di copertura la cifra scende a poco più di un miliardo).
Il pagamento dei Cds ha fatto insorgere l’Argentina. Il governo di Buenos Aires parla di manovra per favorire la speculazione accusando il giudice di New Yok Thomas Griesa di sottoporre “il Paese ad una estorsione” e chiedendo la rimozione del mediatore Daniel Pollack. “L’Argentina – ha replicato Griesa – deve smetterla di raccontare mezze verità sulla crisi del debito”.
L’effetto default provoca effetti anche sulla vendita di Telecom Argentina. Potrebbe slittare la chiusura della cessione della controllata di Telecom Italia a Fintech, già prevista per martedì 12 agosto per 960 milioni di dollari. Il dossier sarà esaminato dal board guidato da Marco Patuano domani 5 agosto.