Il Consiglio dei Ministri ha approvato il Def, il Documento di economia e finanza che contiene le previsioni sull’andamento economico dell’Italia, gli obiettivi di finanza pubblica e le principale riforme in cantiere per i prossimi anni. Il governo si era dato appuntamento nel tardo pomeriggio per prendere atto, innanzitutto, del rallentamento della ripresa. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha annunciato in conferenza stampa che la previsione del Pil per il 2016 è stata portata all’1,2%, dal +1,6% stimato nell’aggiornamento del Def 2015 del settembre scorso. Per gli anni successivi si indica ora un +1,4% per il 2017 (dall’1,6%) e un +1,5% per il 2018. L’Italia è reduce dal +0,8% del 2015 e alla luce di quel dato, Padoan ha rivendicato: “La crescita c’è, la trainano i consumi delle famiglie e gli investimenti – sia pubblici che privati – mostrano un’accelerazione”. Una serie di elementi che gli fanno rivendicare “l’effetto positivo delle misure del governo”.
Come indicato già nelle bozze che sono entrate a Palazzo Chigi, novità si registrano anche sul fronte del deficit. Per quest’anno, il governo sembra aver individuato un punto di incontro con la Commissione Ue indicando un indebitamento al 2,3% del Prodotto, ovvero a metà tra il 2,2% indicato in autunno e il 2,4% che si raggiungerebbe occupando tutto lo spazio legato alla ormai famosa “clausola di flessibilità” per i migranti (0,2 punti di Pil, circa 3 miliardi). Un risultato che si raggiunge grazie a un aggiustamento amministrativo: non servono manovre lacrime e sangue, bastano i risparmi sulla spesa per interessi (grazie alla Bce) e l’extragettito legato al rientro dei capitali (voluntary disclosure) per limare un po’ di indebitamento. “Non faremo manovre correttive, termine che abbiamo rottamato”, ha assicurato il premier Matteo Renzi in conferenza stampa.