I sogni svaniscono a primavera. Anzi, nel Def approvato dal Consiglio dei ministri si è dovuto prendere atto che le vane promesse dei grilloleghisti si sono tramutate in un vero incubo per gli italiani, i quali dovranno fronteggiare una stagnazione dell’economia (se va bene) e un aumento della disoccupazione.
Dopo l’ennesimo tentativo dei due Consoli Salvini e Di Maio di mettere in piedi una patetica sceneggiata promettendo una riduzione fiscale alle famiglie tramite la flat tax, che peraltro i grillini vorrebbero progressiva, i numeri portati dal ministro Tria, ed obtorto collo approvati dai ministri, certificano il totale fallimento delle strategie di politica economica messe in campo dal governo. Anzi, a guardar bene dentro le tabelle di Tria, il Def manifesta un ottimismo che si basa su ipotesi la cui realizzazione è assai improbabile. Infatti il debito nel 2019 è previsto crescere “solo” al 132,6% del Pil grazie a ben 17 miliardi di privatizzazioni che si dovrebbero fare entro i prossimi 8 mesi, mentre il deficit dovrebbe fermarsi al 2,4% grazie al taglio di due miliardi già previsto nella legge di Bilancio come cuscinetto da adoperare in caso di bisogno. Per il 2020, poi, il buio rimane fitto. Infatti per il prossimo anno si prevedono nuove privatizzazioni e soprattutto rimane nei conti la clausola di aumento dell’Iva di ben 22 miliardi. Quindi in autunno se si vorrà davvero evitare l’aumento dell’Iva ed avviare la flat tax, alzando contemporaneamente gli investimenti, si dovranno trovare almeno 40 miliardi di euro. Da quali tasche dei cittadini italiani saranno presi?
In dettaglio, il Def certifica anche l’assoluta inconsistenza delle scelte del governo basate sul Reddito di cittadinanza e quota 100, che secondo il premier Conte avrebbero portato a un anno “bellissimo”. L’anticipo pensionistico infatti avrà zero impatto sulla crescita mentre il reddito di cittadinanza potrebbe valere lo 0,1%, come le misure, ancora peraltro non ben definite, del decreto crescita e dello sblocca cantieri.
È del tutto evidente che il Governo ha dovuto prendere atto che la realtà è ben diversa da quella che ha finora raccontato. Altro che crescita dell’1,5 o dell’1% come avevano previsto. Ed è vero solo in parte che il calo è dovuto al peggioramento della congiuntura internazionale, in quanto l’Italia è l’unico paese europeo ad essere già in recessione e al massimo potrà raggiungere un livello di stagnazione.
I tentativi di scaricare la colpa di quanto sta avvenendo sui precedenti governi sono solo ridicoli. Infatti la crisi è iniziata proprio quando i due partner del Governo hanno iniziato a discutere del famoso contratto. Da subito si è diffuso sui mercati un pessimismo sulle prospettive del nostro paese a causa delle dichiarate intenzioni di ricercare un rilancio della crescita attraverso un aumento del deficit. La perdita di fiducia ha fatto subito balzare lo spread ad oltre 300 punti e questo ha bloccato il credito alle imprese e indotto i consumatori a rinviare le loro spese. Poiché è assurdo cercare di curare il debito attraverso un aumento del debito, la nostra economia si è subito bloccata, cosicché sia il terzo trimestre dello scorso anno che il quarto hanno mostrato una decrescita del Pil. Decrescita che non è stata felice per nessuno.
Ma i numeri certificano una malattia più profonda: l’instaurarsi di aspettative negative sul futuro del nostro paese. Mentre stavamo faticosamente uscendo da una lunga crisi che aveva devastato non solo l’economia ma anche i rapporti sociali, i cittadini hanno ceduto alle lusinghe di pifferai che promettevano strade facili per vincere le paure e tornare rapidamente ai livelli di benessere precedenti. E invece i provvedimenti adottati e ancor più quelli minacciati hanno creato un clima complessivamente sfavorevole alle imprese, hanno disincentivato il lavoro e l’innovazione, hanno aumentato l’incertezza su tutte le norme giuridiche. Il risultato è stato il blocco degli investimenti e un calo dell’occupazione.
Per far tornare la fiducia nella nostra economia non c’è che sperare che il governo prenda atto dei gravi errori commessi e torni indietro sulle sue misure bandiera (Reddito di cittadinanza e quota 100), destinando le poche risorse disponibili ad incentivare il lavoro e gli investimenti. Solo in questo modo potrà cambiare le aspettative dei mercati e far scendere lo spread, che Salvini pensava di mangiarsi a colazione e che invece sta mangiando lui e le speranze del Paese. Poiché questo appare improbabile, spetterà agli italiani già alle prossime elezioni di maggio dare un segnale chiaro della loro insoddisfazione votando contro gli artefici dell’attuale disastro.