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Decreto del fare: che cosa cambia per credito ed energia

Se si guarda ai primi articoli delle “disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia”,cpmunemente chiamato “decreto del fare”, si ha il senso delle urgenze dell’economia italiana: credito e riduzione del costo dell’energia.

Il primo articolo si prefigge di ampliare le possibilità di accesso al credito da parte delle PMI, tramite l’apposito Fondo di garanzia. Le risorse in campo, aumentate in sede di rifinanziamento del fondo, sono 400 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013, 2014, e sono impegabili per operazioni di garanzia diretta, controgaranzia (ad ex. in favore dei confidi) o cogaranzia.
La garanzia viene rilascita solamente in caso di nuova concessione o erogazione, escludendo perciò operazioni finanziarie già deliberate dai soggetti finanziatori, con l’intento evidente di circoscrivere la concessione della garanzia alle imprese che, effettivamente, abbiano bisogno di un sostegno pubblico per poter accedere al credito bancario.
Quanto ai soggetti potenzialmente beneficiari, la garanzia è estesa alle imprese sociali e alle cooperative sociali, nonchè ai professionisti iscritti agli ordini professionali e ai professionisti aderenti alle associazioni professionali di professioni non organizzate, iscritte nell’elenco tenuto dal Ministero dello sviluppo economico.
Si prevede inoltre l’abrogazione dell’estensione dell’operatività del Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese anche alle grandi imprese, ma limitatamente ai soli finanziamenti erogati con la partecipazione di Cassa depositi e prestiti.
Le disposizioni non sono però tutte immediatamente operative, e richiedono la definizione di dettagli aggiuntivi con appositi decreti ministeriali.

Con il secondo articolo, il decreto introduce un meccanismo incentivante per le micro, piccole e medie imprese che vogliono effettuare investimenti per l’acquisto, anche tramite leasing, di macchinari, impianti, attrezzature ad uso produttivo e beni strumentali d’impresa. La disposizione è in ottemperanza alla Raccomandazione 2003/361/Ce della Commissione del 6 maggio 2003.
Il meccanismo prevede innanzitutto l’intervento di Cassa depositi e prestiti, presso la gestione separata della quale viene costituito un plafond alimentato dalle risorse provenienti dal risparmio postale. Il focus sono sempre le iniziative a favore delle piccole e medie imprese attraverso l’intermediazione di soggetti autorizzati all’esercizio del credito.
I finanziamenti bancari avranno durata non superiore a cinque anni e saranno erogati fino ad un massimo di 2 milioni di euro per impresa, anche frazionato in più iniziative. Si prevede, inoltre, la possibilità che il finanziamento copra l’intero costo dell’investimento.
Il bilancio dello Stato non viene intaccato dagli interventi della Cassa depositi e prestiti s.p.a., in quanto sono effettuati a condizioni di mercato, in analogia con altre iniziative a favore delle P.M.I., già precedentemente intraprese o tuttora in corso.
Gli incentivi previsti sono stati estesi anche alle piccole e medie imprese agricole e del settore della pesca, compatibilmente con la normativa comunitaria in materia.
La seconda parte dell’intervento consiste nell’erogazione di un contributo statale alle imprese che accedono ai predetti finanziamenti bancari per coprire parte degli interessi. Gli importi stanziati a tal fine appaiono modesti e comunque la disposizione necessita di un decreto ministeriale per la cui attuazione non è stato fissato alcun limite temporale.

Con l’articolo 3 il sostegno finanziario passa dall’attribuzione di 150 milioni di euro una tantum – a valere sulle disponibilità esistenti del Fondo per la crescita sostenibile (risorse complessive stimate in 630 milioni) – per il finanziamento dei contratti di sviluppo nel settore industriale, riguardanti territori regionali attualmente privi di copertura finanziaria (tutte le regioni italiane tranne Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia).

Cambia registro l’articolo 4, che cerca di sostenere l’economia nel suo complesso aumentando la concorrenza nel mercato del gas naturale e nei carburanti, insistendo sulle gare di distribuzione del gas per ambiti territoriali (inteso sovra-comunali).
Inoltre limita lo status di “cliente vulnerabile” ai soli soggetti domestici, tra i quali si annoverano “i piccoli clienti industriali”, i clienti domestici, le utenze relative ad attività di servizio pubblico (ospedali, case di cura e di riposo, carceri, scuole..) e i clienti civili e non civili i cui consumi non superano i 50.000 metri cubi annui.
Per questa tipologia di clienti i prezzi di riferimento sono determinati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas.

Infine l’articolo 5 del decreto reca una serie di interventi diversi che impattano sui prezzi dell’energia elettrica, con un’estensione della Robin Hood tax in parte destinata a riduzione degli oneri generali di sistema.
Innanzitutto vengono abbassati i requisiti sopra la quale si applica la maggiorazione IRES chiamata Robin Hood tax, che grava sulle società petrolifere e sulle imprese operanti nel trasporto e distribuzione del gas naturale. Le risorse resesi così disponibili sono impegnate per la riduzione della componente A2 della bolletta elettrica (una volta sottratte la quota da utilizzare per la copertura finanziaria disposta dall’articolo 61 del decreto).

Secondo i dati pubblicati dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (AEEG) gli oneri generali di sistema incidono per il 19,23% sulla bolletta di un utente domestico tipo, e all’interno di essi, a sua volta la componente A2 rappresenta solamente il 2,51% (La maggior parte di questi oneri, infatti, è dovuta alla componente A3 (90,61%) che copre gli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate). La riduzione in bolletta si prospetta molto lieve.


Allegati: Camera dei deputati – Ufficio studi

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