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Decreto Ambiente: affondato sulle coperture (e non solo)

Il decreto Ambiente ha fatto flop. Atteso e annunciato con enfasi come il primo tangibile avvio del Green new deal del governo Pd-M5S si è subito infranto sulla mancanza di copertura finanziaria e sulle obiezioni – sollevate da dentro e fuori la maggioranza – sulle misure elaborate dal ministro Sergio Costa. E così la bozza del provvedimento non è mai arrivata sul tavolo di Palazzo Chigi dove invece sarebbe dovuta arrivare giovedì 19 per la riunione del Consiglio dei ministri.

Secondo le indiscrezioni raccolte dall’Ansa, il lavoro si concentra ora sulla ricerca delle coperture anche in vista della manovra 2020 che il governo dovrà mettere in cantiere. Un’ipotesi allo studio sarebbe, al momento, quella di utilizzare le “aste verdi” per liberare risorse (il sistema di scambio delle emissioni Ets Ue).

Ma non si può nascondere che il dissenso su alcune parti del testo va oltre il tema delle coperture. In particolare le maggiori obiezioni riguardano uno dei punti-cardine del provvedimento di Costa e cioè quello sulla riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, calcolati in 16,7 miliardi dal Catalogo predisposto dal ministero dell’Ambiente. Il primo taglio – così come è concepito nel dispositivo – doveva iniziare già dal 2020; si parla di un 10% graduale fino all’annullamento entro il 2040. Le risorse recuperate dallo Stato andrebbero per il 50% in Fondo ad hoc al ministero dell’Economia per investimenti in tecnologia, innovazione e modelli di sviluppo sostenibile. In pratica, un “bastone” che rischia di penalizzare il Pil in chiave solo punitiva senza nessuna “carota” in grado di configurare un vero new deal verde.

E così se Costa ritiene che occorra “un radicale cambio di paradigma culturale che porti a inserire la protezione dell’ambiente nel nostro sistema costituzionale” altri osservano che i cambiamenti radicali hanno messo a ferro e fuoco Parigi scatenando la protesa dei Gilets jaunes proprio sul nodo dei sussidi all’acquisto del gasolio che Costa vorrebbe abolire in Italia andando a colpire l’autotrasporto e l’agricoltura, due settori-chiave per la nostra economia. Nessuno obietta sulla necessità di favorire la transizione verso un modello di sviluppo più verde e sostenibile ma è sul come arrivarci che si sono incentrate molte delle critiche al decreto Ambiente: con quali investimenti, quali infrastrutture, quali incentivi lo si vuole attuare?

Conftrasporto: i tagli all’autotrasporto sono un autogol. E’ questo il commento a caldo del vicepresidente di Confcommercio e Conftrasporto Paolo Uggè. “I tagli lineari che riguardassero l’autotrasporto sarebbero quantomeno inaccettabili: innanzitutto perché il governo verrebbe meno all’impegno assunto con la categoria. In secondo luogo perché in questo modo si penalizzerebbero anche i mezzi pesanti meno inquinanti come gli euro 6, con il solo risultato che i camion di tutte le categorie farebbero rifornimento all’estero, con una perdita per le imprese italiane di distribuzione e per le casse dello Stato”. “Se invece, come proponiamo da tempo – prosegue Uggé – si penalizzassero solo i veicoli più vecchi, quindi maggiormente inquinanti, tagliando solo a questi i rimborsi delle accise sul gasolio, si spingerebbero le imprese a rinnovare il parco circolante, con un evidente vantaggio per l’ambiente considerato che il 60% dei mezzi circolanti in Italia è di categoria ante euro 4. Ne beneficerebbero anche l’automotive e lo Stato, che incasserebbe l’Iva su ogni veicolo di nuova generazione acquistato”.

Sul piede di guerra sono anche i sindacati. “Sul decreto clima non c’è, purtroppo, nessun ‘grande confronto’ come invece dichiara il ministro dell’Ambiente Sergio Costa” scrive la vicesegretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi. Anche Annamaria Furlan, leader della Cisl confessa di essere “rimasta stupita quando ho scoperto che era già bello e pronto un decreto dove ci sono anche scelte importanti e significative”. Mercoledì, aggiunge, “l’incontro tra Governo e sindacati è “partito molto bene ma nessuno ci ha accennato che fosse pronto un decreto importante, di questa natura”. Sia Cgil che Cisl chiedono perciò un confronto con le parti sociali.

La Lega, dall’opposizione, spara a zero: “Primo provvedimento del Governo e prima mazzata fiscale” tuona Massimo Garavaglia, già viceministro al Mef, a proposito della bozza del dl ambiente. “Leggo l’articolo 6 della bozza di decreto e rabbrividisco – spiega Garavaglia -: 16,8 miliardi di euro di agevolazioni fiscali che verrebbero tagliate. Tra queste, come si legge nella relazione al provvedimento, 5,9 miliardi di euro sono per ‘agricoltura e pesca’” sottolinea Garavaglia che commenta: “Questa tremenda mazzata viene mascherata come operazione ‘green’, ma in realtà serve anche e soprattutto per fare cassa. Solo il 50% degli importi derivanti dai tagli alle agevolazioni fiscali sarà destinato al fondo per il finanziamento di interventi ambientali. Il restante 50% verrà acquisita al bilancio dello Stato”.

Dalla maggioranza, invece, l’unica voce a sostegno del provvedimento viene da Leu: “Al ministro Costa dico: vai avanti e lavoriamo per rendere il testo più ambizioso”. Ma è una voce isolata. E il decreto può considerarsi ormai defunto, quantomeno nella versione originaria. Lo stop sulle coperture arrivato dal ministero dell’Economia impone in ogni caso che il nuovo testo venga concordato con il ministro Roberto Gualtieri. “Va coordinato con la manovra” ha imposto il Mef. E non solo con quella.

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