La sua decadenza dal Senato è solo questione di tempo: può cercare di rinviarla, ma l’esito del voto è scontato. Per questo Silvio Berlusconi potrebbe giocare d’anticipo e aprire la crisi di governo ancor prima che Palazzo Madama sancisca la fine della sua vita politica ufficiale, con l’obiettivo di tornare al voto a fine novembre.
Ieri Renato Schifani, capogruppo dei senatori Pdl, ha sollevato dubbi sulla composizione della Giunta per le elezioni e le immunità, la stessa che dovrà decidere se far decadere Berlusconi dalla carica.
“E’ di tutta evidenza – ha detto Schifani – che la violazione degli elementari principi di riservatezza da parte di alcuni membri della Giunta che hanno dichiarato come voteranno richiede la valutazione del presidente Grasso sulla esigenza di procedere alla loro sostituzione”.
Una speranza delusa da Pietro Grasso, che ha ricordato come “il Presidente del Senato abbia il potere di rinnovare i componenti della Giunta per le elezioni solo in determinati casi, disciplinati dall’articolo 19 del regolamento del Senato, tra i quali certamente non rientra l’espressione di opinioni sulle questioni sottoposte alla valutazione della Giunta”.
Schifani allora ha cambiato interlocutore e, rivolgendosi al Pd, ha minacciato esplicitamente il governo Letta: “Chiederemo un voto di merito sulla non decadenza o in subordinata una devoluzione del problema alla Corte costituzionale o alla Corte europea. Se il voto sulla decadenza di Berlusconi dovesse essere politico, e quindi rispecchiare le distinzioni delle forze politiche, la convivenza nell’esecutivo sarebbe impossibile”.
Dall’Esecutivo sono arrivati però segnali di distensione: “Il mio governo barcolla ma non cade”, ha commentato Enrico Letta, ostentando sicurezza. Il Premier sa benissimo che a tutelare la sua maggioranza c’è Giorgio Napolitano. Il Presidente della Repubblica farebbe di tutto pur di non sciogliere le Camere prima della riforma elettorale, e, nel caso in cui non ci fossero i numeri per dar vita a un “Letta-bis”, potrebbe scegliere la strada delle dimissioni. A quel punto Berlusconi perderebbe comunque l’immunità parlamentare (fondamentale in vista dei prossimi processi) e in più rischierebbe di ritrovarsi con Stefano Rodotà o Romano Prodi al Colle.
Le ultime minacce pidielline, peraltro, sono arrivate a poche ore da un appuntamento decisivo per il futuro del Cavaliere in Senato, dove oggi alle 13,30 si riunisce l’Ufficio di presidenza della Giunta. All’ordine del giorno il calendario dei lavori a partire dal 9 settembre, quando Andrea Augello (Pdl) terrà una relazione sul caso che riguarda l’ex premier, chiedendo d’inviare gli atti alla Corte costituzionale. In quella stessa data la decisione dell’Ufficio di presidenza sull’orario di convocazione della Giunta e sul metodo di lavoro da seguire sarà oggetto di una discussione generale e un eventuale disaccordo allungherebbe inevitabilmente i tempi.
Non solo. Secondo alcune indiscrezioni, dopo la (quasi certa) bocciatura della sua proposta, Augello potrebbe dimettersi, rendendo necessaria la nomina di un nuovo relatore. Un’altra mossa per allungare i tempi.