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Debito Roma e Cdp, ecco perché non si può rinegoziare

Parla l’ex commissario al Debito di Roma Massimo Varazzani, in una lettera al Messaggero in cui spiega perché alcune proposte sul debito pregresso di Roma Capitale non sono percorribili: “Sono state fantasiose considerazioni che hanno portato a voli pindarici con nessuna base di fattibilità”. Ad avanzare apertamente le proposte di ristrutturazione del debito pregresso del Comune sono stati Francesca Raggi, candidata sindaco di M5S, e Stefano Fassina, la cui lista però non è stata ammessa al voto. Anche il candidato Pd Roberto Giachetti ha parlato di ristrutturazione, in particolare per il debito più remoto, quello contratto con mutui di 30 o 40 anni fa per realizzare espropri, gravato da tassi molto più alti di quelli in vigore oggi. Ma Varazzani, che venne nominato commissario dal governo Berlusconi, smonta punto per punto le proposte dei due candidati. Toccano un punto sensibile della campagna elettorale vista l’enorme mole del debito accumulato dal Comune che, secondo i dati più recenti forniti dal nuovo commissario del Debito Silvia Scozzese ammonta ancora a quasi 14 miliardi (inclusi i debiti commerciali) tanto che per smaltirlo al ritmo attuale bisognerà arrivare al 2039. Inoltre l’80% del solo debito finanziario (l’unico rinegoziabile) è in mano a Cassa Depositi e Prestiti. Ma proprio qui sorge il problema.

“I candidati a sindaco che competono per la guida di Roma Capitale – ha scritto Varazzani, ricordando anche che per il rosso accumulato prima del 2008, la gestione commissariale riceve un contributo perpetuo di 500 milioni l’anno (300 dei quali a carico dello Stato e 200 a carico dei cittadini romani tramite l’addizionale Irpef) -, si sono esercitati in ipotesi, in verità fin troppo semplicistiche, per trovare una via di uscita dal debito pregresso. Di fondo c’è un’idea comune, quella di poter rinegoziare i vecchi mutui del Comune di Roma. Questo piano, poi, ha diverse declinazioni: c’è chi dice che si potrebbero sostituire i vecchi mutui con un nuovo maxi mutuo concesso dalla Cassa Depositi e Prestiti a tassi più bassi, e chi dice, addirittura, che il Tesoro potrebbe anticipare circa 9 miliardi di euro senza interessi per 30 anni. Estinguendo anticipatamente i vecchi mutui e quindi pagando meno interessi, è la tesi, si potrebbe ridurre il contributo di 200 milioni a carico dei romani in modo da abbassare, meritoriamente, l’aliquota Irpef”.  

L’ex commissario interviene soprattutto sull’ipotesi che riguarda la Cdp, spiegando perchè le operazioni proposte sono impossibili: “Innanzitutto perché dei 1.686 contratti relativi ai vecchi mutui, 1.491 sono stipulati con la Cassa Depositi e Prestiti, e la loro estinzione anticipata prevede pesanti penali. Il mancato incasso delle penali da parte Cdp potrebbe configurare un danno erariale”. In secondo luogo, aggiunge, “la Cassa Depositi e Prestiti non può, per legge, rinegoziare i mutui senza un provvedimento di carattere generale, essendo tenuta a praticare tempo per tempo condizioni uniformi per tutti i prenditori della specie”. Detto in altri termini: se Cdp rinegozia il tasso col Comune di Roma, deve farlo anche per tutti gli altri Comuni che hanno analoghi mutui. “Lo stesso conto economico della Cdp ne potrebbe risentire”, conclude Varazzani.

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