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Debito pubblico, nell’Eurozona 5 Paesi superano quota 100% rispetto al Pil: anche l’Italia nella blacklist

Photo by Sara Kurfeß on Unsplash

Alla vigilia della presentazione dei conti con le nuove regole di governance fiscale europea e mentre alcuni governi propongono di aumentare ulteriormente il loro debito, i dati di Eurostat relativi al rapporto debito/Pil dei Paesi dell’area mostrano che alla fine del primo trimestre sono 5 i Paesi ad essere a quota 100%: la percentuale maggiore è detenuta dalla Grecia (159,8%), seguita a ruota dall’Italia (137,7%) e poi da Francia (110,8%), Spagna (108,9%), Belgio (108,2%) e Portogallo (100,4%). I più bassi sono stati osservati in Bulgaria (22,6%), Estonia (23,6%) e Lussemburgo (27,2%).

Facendo la media, nell’area dell’euro il rapporto tra debito pubblico lordo e Pil si è attestato alla fine del primo trimestre del 2024 all’88,7%, in aumento rispetto all’88,2% della fine del quarto trimestre del 2023, ma risulta in calo rispetto al 90,1% di un anno prima. Stesso andamento anche nell’Ue il rapporto è aumentato dall’81,5% all’82,0%, ma resta in calo rispetto all’83% di un anno prima. Il fenomeno è riconducibile a un aumento del Pil superiore a quello del debito pubblico in termini assoluti.

Sono 20 gli Stati membri a registrare un aumento del debito pubblico

Se però si guarda al solo andamento del debito pubblico, nei primi tre mesi dell’anno, rispetto all’ultimo trimestre del 2023, sono ben 20 gli Stati membri che hanno registrato un aumento del debito pubblico. In questo caso al primo posto c’è la Slovacchia (+4,6 punti percentuali), seguita da Estonia (+4 punti), Belgio (+3,1), Romania (+2,8), Ungheria (+2,5) e Austria (+2,1). Invece sono state registrati cali in Grecia (-2,1 punti), Cipro e Paesi Bassi (entrambi -1,2), Svezia e Irlanda (entrambe -0,8), Bulgaria (-0,5) e Germania (-0,2).

Italia: a maggio vicino a quota 3.000 miliardi

Il debito pubblico italiano a maggio è arrivato a un passo dai 3.000 miliardi, per l’esattezza 2.918,9 miliardi di euro, secondo i dati di Banca d’Italia, inseriti nel rapporto sulla finanza pubblica. Nel mese di maggio lo Stato italiano ha accumulato altri 13 miliardi di debito pubblico rispetto al mese precedente. Su base annua, l’incremento è di 99 miliardi di euro. Buona parte dell’aumento del debito si deve alla crescita del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche centrali, pari a 13,6 miliardi di euro. Si è invece ridotto quello delle amministrazioni locali, di 300 milioni di euro. Altri fattori che hanno portato all’aumento del debito sono il cambio sfavorevole con il dollaro della moneta unica, l’aumento dei costi dei titoli indicizzati all’inflazione e il pagamento dei rendimenti dei titoli di Stato.

Anticipata al 20 settembre la presentazione delle stime alla Commissione

I nodi del debito potrebbero ora venire al pettine con l’introduzione delle nuove regole europee e in particolare della nuova governance fiscale, approvata dal governo Meloni ma non votata a Strasburgo dalla sua maggioranza. Si tratta del Piano strutturale di bilancio a medio termine (il Psb), il documento che ha preso il posto della vecchia Nadef, che il il Mef dovrà presentare entro il 20 settembre con le stime programmatiche su crescita, deficit e debito e da cui per altro si dedurrà l’entità dell’aggiustamento del 2025.

Con il nuovo Psb ciascun Paese membro potrà chiedere un percorso di rientro da un debito oppure da un deficit eccessivo, rispettivamente della durata di quattro oppure sette anni, in base all’andamento della spesa primaria netta in linea con la cosiddetta “analisi di sostenibilità del debito pubblico” (Dsa). Per rendere il percorso meno severo, verranno calcolati anche le riforme di struttura, la qualità degli investimenti pubblici soprattutto in ottica di transizione, ecologica e digitale, del miglioramento della condizione sociale e della sostenibilità. Inoltre, dalla spesa primaria netta sono escluse poste potenzialmente rilevanti, tra cui gli interessi sul debito, i finanziamenti europei e i relativi cofinanziamenti nazionali.

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha già da tempo intavolato una trattativa con l’Unione europea e l’Italia richiederà quasi certamente l’estensione del periodo di rientro e, dunque, il Psb è destinato ad andare oltre l’attuale legislatura.

Il consueto documento programmatico di bilancio (Dpb), che contiene le principali misure che verranno inserite nella legge di Bilancio, dovrà essere presentato a Bruxelles, come è sempre avvenuto, entro il 15 ottobre. Ma quest’anno sarà appunto precedeuto dall’invio del Psb alla Commissione entro il 20 settembre, in vista della sua approvazione da parte del Consiglio europeo entro fine anno. Una delle grandi novità della nuova procedura è che il disegno del Psb e il monitoraggio dei risultati conseguiti non riguarderanno solo gli aspetti finanziari, ma anche i risultati (attesi ed effettivi) di tipo economico, sociale e ambientale, come già sta avvenendo con il Pnrr.

Il Governo ha già previsto un aumento del debito pubblico oltre i 3mila miliardi di euro nel 2025.
Il picco del debito pubblico italiano dovrebbe essere raggiunto nel 2027, quando toccherà i 3.306 miliardi di euro. Da quel momento però le strategie dell’esecutivo dovrebbero iniziare a dare i primi frutti e il passivo dovrebbe cominciare a calare. Anche il rapporto tra debito e Pil continuerà a crescere, seppur in maniera moderata, fino al 2026, sfiorando, senza però raggiungere, il 140%.

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