La congiuntura globale, dopo le tensioni sui mercati del primo trimestre che non hanno trovato riscontro nell’economia reale, secondo Gregorio De Felice, chief economist di Intesa San Paolo, si presenta così: crescita mondiale attorno al 3%, inflazione che resterà ancora bassa, politiche monetarie accomodanti “perché il mondo a tassi zero o negativi ce lo porteremo dietro per almeno 3-4 anni”; politiche fiscali neutrali: “solo nell’Eurozona c’è qualche spazio di flessibilità”; il tutto però in mezzo a forti rischi geopolitici, non solo terrorismo (Brexit prima di tutto). In questa cornice, non mancano gli elementi positivi: i bassi tassi, la ripresa dell’occupazione, il minor prezzo del petrolio che per l’Italia vale 8-9 miliardi di maggiori risorse per le famiglie. “Il vero contributo alla crescita è legato ai consumi”, sostiene De Felice.
Per l’Eurozona lo scenario è favorevole, ma è improbabile un’accelerazione della crescita: a condizionare il caso è il fatto che “negli ultimi anni abbiamo rinunciato ad adottare una politica fiscale anticiclica. Ma non si è mai visto un’economia risorgere con la sola politica monetaria senza il contributo di un’adeguata politica fiscale”. Per l’Italia, infine, “l’anello mancante” della ripresa consiste negli investimenti delle imprese, specie in macchinari e attrezzature che si sono contratti in 3 dei 4 trimestri del 2015. Perché gli investimenti non ripartono?
“Gli imprenditori non si lamentano più della pressione fisale, ma è diffusa la sensazione che in questo Paese è difficile fare impresa”, nota De Felice. Per l’Italia la previsione per il 2016 (e il 2017) è di una crescita attorno all’1,2% trainata dalla domanda interna, con rischi di revisione al ribasso, inflazione pari a zero, investimenti +2% (“è un’inversione di tendenza ma è pochissimo”).