Non possiamo arrenderci all’oscurantismo portato dai nazional-populisti che oggi sono al governo in Italia ma che sono ben presenti in gran parte del mondo occidentale. Ferruccio de Bortoli con il suo nuovo libro, “Ci salveremo” (Garzanti editore), lancia un appello ai cittadini responsabili, quelli che lavorano, studiano, si impegnano nelle aziende per produrre ed esportare, affinché non cedano al l’indifferenza, non cerchino rifugio nel privato, ma facciano sentire la propria voce per contrastare l’esaltazione dell’ignoranza portata da un populismo rabbioso che spaccia per cambiamento un ritorno indietro di molti decenni.
C’è ancora un sano “buon senso” che è patrimonio di una larga maggioranza della popolazione, solo che esso, come disse il Manzoni, si nasconde impaurito di fronte alla straripante affermazione del “senso comune”. Un regresso culturale che si registra in molti paesi occidentali, che parte dai difetti della nostra democrazia e dagli errori delle nostre classi dirigenti, ma che arriva a contestare qualsiasi forma di sapere. Tom Nichols, nel suo libro “La conoscenza ed i suoi nemici” illustra quello che sta avvenendo negli Stati Uniti che si può riassumere in questa sua agghiacciante affermazione: “Viviamo in un’epoca in cui la disinformazione scaccia il sapere”. E la descrizione di Nichols per gli USA vale parola per parola per l’Italia.
Nel suo libro de Bortoli, senza adottare un tono gladiatorio, lancia delle precise accuse alle tesi portate avanti dai populisti e dai nuovi nazionalisti. Le fragilità tradizionali del nostro paese non vengono nemmeno prese in considerazione dai nuovi governanti che anzi esaltano tutte le nostre paure vecchie e recenti. Se abbiamo un problema nei confronti del progresso che riteniamo troppo rischioso, la risposta che viene dal Governo è quella che staremo fermi, senza considerare che star fermi è sempre stato molto più rischioso che andare avanti. Siamo schiacciati da un enorme debito pubblico per il quale dobbiamo ogni anno pagare per interessi una cifra pari al 3,7% del PIL superiore a quello che spendiamo per la scuola e l’Universita’.
Un paese che spende per finanziare il passato più di quanto investa nel futuro, ha di fronte a se’ un destino segnato – osserva sconsolato de Bortoli -. Nulla viene fatto per affrontare seriamente il problema dell’evasione fiscale, ed anzi i giallo-verdi si mostrano più attenti a tutte le istanze corporative di qualsiasi governo del passato. I nostri concittadini appaiono sempre più prigionieri di pregiudizi, sono incattiviti e fieri della propria ignoranza, pronti a seguire pifferai che promettono soluzioni facili ai nostri problemi in tutti i campi dall’economia alla salute. Ormai ci si informa solo sui social dove però non si sa distinguere la verità dalle bugie. Si diffida di qualsiasi intermediazione, a cominciare da quella giornalistica, ma così facendo ci si ritrova senza alcun punto di appoggio per tentare di capire e giudicare il mondo che ci circonda.
Tutto questo è avvenuto anche a causa degli errori delle classi dirigenti. De Bortoli ricorda che nell’ufficio di Romiti in Fiat faceva bella mostra di sé un cartello: “L’esempio è la più alta forma di autorità“. Ma quanti hanno veramente seguito questo insegnamento? Che esempi hanno dato alla popolazione gli evasori fiscali, quelli che mandano i figli a studiare all’estero o che trasferiscono la loro residenza fiscale in paesi più accoglienti? Certo le colpe sono anche di coloro che hanno scatenato una costante campagna ideologica contro l’impresa ed il libero mercato. Però spesso le nostre élite si sono sottratte alla battaglia culturale e politica ed hanno preferito trovare qualche comodo rifugio da cui magari continuare a pontificare sulle sorti del nostro paese. Anche gli intellettuali non sono esenti da vigliaccherie ed errori grossolani. De Bortoli cita quelle che scrissero su Il Corriere della Sera nel 1938 due mostri sacri del giornalismo come Paolo Monelli ed Emilio Cecchi in difesa delle politiche razziste del regime. Insomma il tengo famiglia ed un antico è grave difetto degli italiani.
Come potremo salvarci? De Bortoli non si mostra pessimista. Intravede tanti valori nei nostri concittadini sui quali costruire una possibile ripartenza. In primo luogo dovremo riscoprire il valore dello studio e dell’esperienza. Ed insieme dovremo conoscere e valorizzare il nostro passato per capire meglio chi siamo e come siamo arrivati fin qui. Certo non tutto il passato è positivo e non tutte le esperienze personali sono buone. Tuttavia di fronte al primato del valore dell’ignoranza considerata garanzia di purezza, forse sarebbe meglio affidarsi alla saggezza dei “nonni“ che magari hanno imparato dai propri errori e possono offrire un servizio realmente disinteressato alla collettività.
Nel riassumere per i lettori il lungo elenco delle idee sballate che ci hanno invaso, de Bortoli non rinuncia ad assestare colpi micidiali a populisti e sovranisti. Su Salvini, ad esempio, il libro si limita a riportare alcuni passi delle interviste del periodo in cui il nostro “Capitano” era padano e dove insultava la bandiera italiana, i meridionali, e voleva la secessione del Nord. Non ci sono commenti espliciti, ma si capisce che da un individuo che cambia opinione con tanta disinvoltura ci si può aspettare il peggio di tutto! Alla fine dobbiamo recuperare il senso della responsabilità individuale come tanti hanno fatto in passato nei periodi bui delle persecuzioni razziali e come moltissimi continuano a fare oggi nel volontariato. Inoltre abbiamo un serbatoio di energie che non sappiamo valorizzare: quello delle donne impegnate come e più dei maschi nello studio e nel lavoro che stentiamo ancora ad apprezzare appieno.
In definitiva la nostra salvezza verrà se sapremo vincere il nostro antico difetto che è quello di curare solo agli ambiti privati (fino alla soglia di casa) ed assai meno quelli pubblici (pulire il marciapiede di fronte al portone). Dobbiamo puntare su cittadini responsabili che capiscano che non ci può essere salvezza privata senza una ben funzionante società pubblica.
View Comments (1)
Ma De Bortoli non compie nessuna autocritica sul ruolo svolto da Corriere e la / , appartenenti allo stesso gruppo editoriale, nel promuovere e gonfiare gli scappati di casa che piacciono tanto all'italiano medio?