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Ddl Pubblica amministrazione: si potrà andare in pensione a 62 anni

Il contratto di lavoro potrà essere risolto a 62 anni, dopo il raggiungimento limiti di anzianità contributiva; confermata abrogazione trattenimento in servizio, mentre chi raggiunge il requisito mimimo per la vecchiaia dopo i 65 anni può continuare fino a raggiungere 20 anni contributi.

Ddl Pubblica amministrazione: si potrà andare in pensione a 62 anni

L’approvazione della legge di conversione del Ddl 90/2014 è arrivata ieri dalla Camera. Le novità più consistenti riguardano il settore pensioni, dove vengono confermate le abrogazioni del trattenimento in servizio e della risoluzione unilaterale del rapporto una volta raggiunto il limite dell’anzianità contributiva. Raggiunti i 65 anni di età, infatti, prima che venisse abrogato l’istituto sancito  dalla riforma Amato (articolo 16 del Dls 503/1992), era possibile trattenere il lavoratore anche qualora avesse già raggiunto i diritti alla pensione. Ora non sarà più consentito, mentre è ammessa la possibilità della continuazione del contratto, fino al massimo di 66 anni e 3 mesi, nel caso in cui una volta compiuti i 65 anni di età i limiti contributivi non siano ancora stati raggiunti.

Inoltre, a causa delle esigenze organizzative degli enti si conferma la possibilità della risoluzione del contratto a 62 anni, a condizione del raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata: 41 anni e 6 mesi per le donne e 42 anni e 6 mesi per gli uomini. Con la riforma Monti-Fornero questo requisito era ammesso esclusivamente dopo i 62 anni e previo preavviso di almeno sei mesi: qualora l’interessato fosse andato in pensione ancora prima dei 62 anni, pur avendo raggiunto i limiti contributivi, avrebbe subito una penalizzazione alla pensione dell’1-2%. Questa clausola rimane, ma risulta sospesa fino al 2017 nella possibilità che l’anzianità contributiva sia stata raggiunta in seguito a infortunio, maternità, congedi e permessi, cassa integrazione, obblighi di leva. 

Rimangono esclusi dalle nuove norme tutti coloro i quali abbiano maturato i diritti alla pensione entro il 31 dicembre 2011. In questi casi  la risoluzione del contratto di lavoro arriverà allo scadere del 40esimo anno di contribuzione. Fuori dalle nuove regole anche i professori universitari e magistrati, i quali godranno delle norme vigenti per le singole categorie. Infine, anche i responsabili del Servizio sanitario nazionale andranno in pensione al raggiungimento del 40esimo anno di contributi, comunque non oltre i 70 anni di età, così come i dirigenti medici la cui soglia massima sono però i 65 anni.

Saltata, questa l’ultima novità, la clausola di salvaguardia che avrebbe consentito l’accesso alla pensione a circa 4 mila docenti, rimasti esclusi da questa possibilità al tempo della riforma Fornero. Rimangono comunque le uscite obbligatorie, al via il primo settembre, di alcuni docenti con l’inizio del nuovo anno scolastico.


Allegati: La riforma Madia

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