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Dazi Usa al via: l’Ue reagisce allo schiaffo di Trump

FIRSTonline

Il protezionismo americano si abbatte anche sull’Europa. Da oggi gli Stati Uniti hanno fatto scattare dazi su acciaio (al 25%) e alluminio (al 10%) importati dall’Ue. Lo stesso provvedimento, voluto dal presidente Donald Trump per rilanciare la produzione statunitense, era stato adottato lo scorso primo marzo nei confronti di Canada e Messico.

“Ragioni di sicurezza nazionale”, scrive The Donald, che continua così a mantenere le promesse elettorali lanciate al grido di “America First”, in spregio a rapporti diplomatici ed economici di primaria importanza e consolidati in decenni di alleanze.

Inizialmente gli Usa avevano deciso di rinviare l’adozione dei nuovi dazi contro l’Ue rispetto a quanto stabilito per Canada e Messico, spostando la deadline al 1° giugno. L’obiettivo era sfruttare questi due mesi per trovare un accordo che fissasse quote e limiti ben precisi all’import di acciaio e alluminio, sulla scia delle intese già raggiunte con Corea del Sud, Australia, Argentina e Brasile.

Ma la trattativa non è mai partita per l’indisponibilità di Bruxelles, che ha definito l’iniziativa americana “ingiustificabile e pericolosa”, confermando che le contromisure non tarderanno ad arrivare. La Commissione europea ha già nel cassetto un piano per colpire soprattutto prodotti simbolo del “Made in Usa”, come i jeans Levi’s, le moto Harley-Davidson o il bourbon del Kentucky. I primi contro-dazi europei dovrebbero scattare dal 20 giugno e potrebbero costare agli stati Uniti 7,5 miliardi di dollari l’anno. Nel frattempo, la prima mossa  sarà quella di portare davanti al Wto sia gli Usa che la Cina, i primi per i dazi e la seconda per la violazione delle regole sui diritti sulla proprietà intellettuale. Ad annunciare la notizia è la commissaria Ue al commercio Cecilia Malmstroem. “Questo dimostra che non scegliamo di stare dalla parte di nessuno, stiamo solo dalla parte delle regole del sistema commerciale multilaterale”, ha avvertito.

Analoghe rappresaglie nei confronti di Washington saranno messe in campo anche dai canadesi e dai messicani. In particolare, il Messico ha già annunciato nuove tasse per colpire l’importazione dagli Usa di prodotti come acciaio, carne suina, uva e mirtilli.

“Questo è protezionismo puro e semplice, inaccettabile” ha detto il presidente dell’esecutivo comunitario, Jean-Claude Juncker. “Risponderemo con tutti i mezzi a nostra disposizione”, gli ha fatto eco il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani.

Anche il Fondo monetario internazionale ha criticato la decisione di Trump: “Tutti perdono in una protratta guerra commerciale – si legge in una nota – Non è positivo che le tensioni commerciali aumentino proprio in un momento in cui la ripresa globale è sostenuta dal commercio. Incoraggiamo i paesi a lavorare costruttivamente insieme per ridurre le barriere e risolvere i disaccordi commerciali senza il ricorso a misure eccezionali”.

Dagli Usa, il segretario al Commercio Wilbur Ross ha cercato di minimizzare l’accaduto, affermando che i dazi scattati oggi sono di portata molto limitata e che eventuali contromisure europee non avranno un grande impatto sull’economia americana. Tuttavia, Ross ha lanciato anche un avvertimento: “Continueremo a lottare contro gli abusi commerciali”.

Il pericolo più grave è che questi siano solo i primi passi di una guerra commerciale assai più estesa. Trump infatti ha già aperto un’indagine sull’importazione di auto in Usa, agitando lo spettro di dazi del 20% che preoccupano soprattutto le grandi case automobilistiche tedesche.

Non solo: The Donald minaccia anche una stretta su una lunga lista di beni hi-tech dalla Cina per un valore di 50 miliardi di dollari, a partire dalla metà di giugno.

Il rischio di un’escalation è più che mai concreto e agita in queste ore i lavori del G7 dei ministri finanziari in corso in Canada. Il tema dei dazi sarà ovviamente al centro anche del G7 dei capi di Stato e di governo in programma sempre in Canada la prossima settimana.

Leggi il commento dell’economista Stefano da Empoli: I dazi fanno male all’economia (e all’innovazione): ecco perché

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