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Dazi, Trump riapre la guerra e i mercati soffrono

Imagoeconomica

Divampa di nuovo la guerra dei commerci, sotto la pressione di Washington. La Casa Bianca, forse per distogliere l’attenzione dalla procedura di impeachment del Presidente, ha alzato ieri il tiro: Donald Trump, parlando a Londra, ha detto che la firma della prima intesa con Pechino, già data per imminente, potrebbe slittare a dopo le presidenziali del 2020. Nel frattempo, potrebbero scattare il 15 dicembre i nuovi dazi sulla Cina per 156 miliardi di dollari già approvati dall’amministrazione, che si accinge anche a colpire la Francia e, a seguire, pure l’Italia.

CONGRESSO IN CAMPO SUGLI UIGURI. CINA FURENTE

A rincarare la dose è l’attivismo del Congresso che, quasi all’unanimità (407 a favore, uno contro), ha approvato una legge che condanna la detenzione di massa di circa un milione di Uiguri, popolazione turcofona di religione musulmana che vive nello Xinjiang, vittima di discriminazioni e, pare, utilizzata come cavia per gli sviluppi di esperimenti basata sull’Intelligenza artificiale. Immediata, come già nel caso di Hong Kong, la reazione di Pechino. Insomma, la situazione si arroventa e il rally di fine anno s’allontana.

SOFFRE TOKYO, SIDNEY -1,7%. BENE SOLO SHANGHAI

Pesanti le perdite sui listini asiatici: il Nikkei di Tokyo perde l’1,2%, anche se ieri il Parlamento del Giappone ha approvato formalmente l’accordo sui commerci raggiunto con gli Stati Uniti in giugno. Hang Seng di Hong Kong -1,2%. L’attività economica è scesa ai minimi da 21 anni. Le perdite più pesanti riguardano Sidney (-1,7%), zavorrata dal calo dei titoli minerari. Il Kospi coreano scende dell’1,1%.

Scende meno lo Shanghai Composite, -0,3%. Nel corso della notte sono arrivate indicazioni molto positive sull’economia cinese: l’indice PMI sulle aspettative dei direttori degli acquisti delle aziende manifatturiere elaborato da Caixin è salito in novembre a 53,5 da 51,1, molto più del previsto.

Quinto giorno consecutivo di ribasso per il cross dollaro yen, a 108,6. Il cambio dollaro yuan sale sui massimi dell’ultimo mese e mezzo a 7,07.

GIÙ WALL STREET, PASSO INDIETRO PER I FONDATORI DI GOOGLE

In forte ribasso ieri sera Wall Street: Dow Jones -1,01%, S&P 500 -0,66%, Nasdaq -0,55%.

“Google non è una società convenzionale. E non vogliamo che lo diventi”. Così, in una lettera ai dipendenti, Sergej Brin e Larry Page, i due fondatori del colosso della new economy, hanno annunciato il loro ritiro dalla guida operativa del gruppo a favore del Ceo Sundar Pichai. Continua però il loro impegno nell’innovazione, testimoniato da “centinaia di auto a guida autonoma che viaggiano per le strade di Phoenix”.

Intanto si rimette in movimento l’oro, stamattina a 1.480 dollari l’oncia, prezzo che non si vedeva da un mese.

Petrolio in ascesa: Brent a 61,03 dollari (+0,44%) alla vigilia del vertice Opec di Vienna.

VISCO: “STA PER FINIRE LA STAGIONE DEI TASSI BASSI”

Piazza Affari ha retto all’offensiva di Donald Trump, ma ha dilapidato nel finale i guadagni di giornata. È andata peggio a Parigi, nel mirino del presidente Usa, deciso a far valere la legge del più forte sulla web tax: Washington ha minacciato dazi per 2,4 miliardi di dollari sull’import da Parigi.

A tener banco, in una situazione politica delicata (dissidi con Trump, elezioni imminenti nel Regno Unito) sono le riflessioni sulla politica monetaria e fiscale della Ue. Il governatore Ignazio Visco, che oggi pomeriggio tiene un’audizione alla Camera, ha confermato in un’intervista rilasciata al giornale tedesco Handelsblatt che la stagione dei tassi ultrabassi è terminata: “Finora hanno funzionato bene, ma quanto più a lungo li si mantengono, tanto più probabili diventano gli effetti collaterali dannosi. Io non mi sento di consigliarli”. Qual è il punto in cui il calo dei tassi crea più danni che vantaggi? “Non lo sa nessuno – risponde -. Alcuni ritengono che sia già arrivato. Io temo che i costi non coprano i benefici. I tassi sono bassi a causa della bassa domanda, non a causa della politica monetaria. La Bce può rendere favorevoli le condizioni finanziarie, ma non influenzare direttamente la domanda”.

PIAZZA AFFARI PIATTA. DA GENNAIO +23%, SPREAD A 164

Piazza Affari (-0,03%) si è fermata sui livelli della vigilia a quota 22.736 punti, in ribasso per la quinta seduta consecutiva dopo aver toccato nel corso della mattinata un massimo a 22.987. L’indice si allontana così dai massimi degli ultimi 18 mesi, segnati a metà novembre a 23.820 punti. 

La performance da inizio anno del FtseMib si ridimensiona intorno a +23,80%, restando, seppur di poco, la migliore nell’ambito della zona euro. Dax di Francoforte +23%. Malgrado la correzione in corso, se il 2019 terminasse su questi livelli, si tratterebbe ancora dell’anno più brillante per Piazza Affari dal 1998 terminato con un +45%. 

Resiste Francoforte (+0,18%); vanno a picco Londra (-1,72%) e Parigi (-1,03%), nel mirino dell’offensiva Usa. Debole Madrid (-0,2%) nel giorno dell’insediamento della nuova assemblea parlamentare.

Il Btp conclude in territorio positivo, specie sul segmento lungo, in linea coi bond euro con rendimenti in discesa dopo i commenti di Donald Trump sul commercio. In chiusura lo spread si attesta a 164 punti base dai 162 di ieri, dopo un massimo sopra 169. Il tasso del decennale è in area 1,29%, dopo aver chiuso a 1,35% la seduta precedente.

UNICREDIT, 8 MILIARDI AI SOCI ENTRO IL 2023

Grande protagonista della seduta è stata Unicredit (-0,45%) dopo la presentazione del piano 2020-2023, in linea con le attese, che punta sulla restituzione del capitale agli azionisti, anche tramite buyback, e sul taglio dei costi anche attraverso migliaia di esuberi. “È un’ecatombe sociale” titola stamane Les Echos. “Il piano è senza particolari novità sui target, ma con una cash distribution complessivamente migliore delle attese”, sintetizza Equita: il gruppo prevede di arrivare nel 2023 al 3,8% di esposizione ai crediti in sofferenza (NPE): in quell’anno il costo del rischio dovrebbe essere di 40 punti base e l’utile netto rettificato di 5 miliardi. Nel periodo 2018-2023 i ricavi dovrebbero rimanere all’incirca piatti, +0,8% di crescita media annua a 19,3 miliardi di euro. Ritorno sul patrimonio tangibile atteso all’8%, o sopra, nel corso del piano. Unicredit distribuirà otto miliardi di euro ai soci nel periodo 2020-2023: sei miliardi di euro attraverso il dividendo e due miliardi come riacquisto azioni.

Intesa Sanpaolo -0,6%. Ubi -1,9%.

GEDI DA GUINNESS DEI PRIMATI: +60%, ARRETRA CIR (-7%)

Nel settore editoriale, ascesa stellare di Gedi, in rialzo del 60,21%, a 0,45 euro, allineandosi sostanzialmente al prezzo di 0,46 euro concordato per la cessione a Exor (+0,7%) della partecipazione di Cir (-7,8% dopo il rally della vigilia). Al closing dell’operazione è previsto il lancio di un’Opa sulle restanti azioni Gedi. Gli analisti di Banca Imi mettono in evidenza che il prezzo pagato da Exor, nonostante rappresenti un premio di oltre il 60% sulla chiusura di venerdì, è sensibilmente inferiore al valore di carico di Cir (1,2 euro per azione), che quindi registra una minusvalenza di circa 170 milioni.

Debole Mediaset (-1%) in attesa dell’udienza del 6 dicembre sul ricorso cautelare di Vivendi e Simon Fiduciaria contro il progetto di fusione di Mediaset e Mediaset Espana nella holding olandese MediaforEurope.

GOLDMAN SACHS DÀ NUOVA CARICA A FERRARI

In evidenza Ferrari (+1,96%), vicina ai massimi storici dopo che Goldman Sachs ha confermato la raccomandazione di “Buy” sulle azioni e ha aumentato il prezzo obiettivo a dodici mesi a 170 euro.

Male Autogrill, che lascia sul terreno il 3,16%, mentre è positiva A2A (+0,5%). L’utility ha annunciato l’acquisto di progetti nel solare per 1 GW dalla cinese Talesun.

In recupero anche le altre utility più colpite di recente, come Enel (+1,09%) e Italgas (+1,6%).

UNIPOL PAGA LA RIFORMA DELLA RC AUTO

Unipol (-0,5%) ha chiuso in calo di mezzo punto azzerando i guadagni della mattina. Dal decreto fiscale arriva una rivoluzione per il segmento RC Auto. Con un emendamento introdotto grazie al via libera dalla commissione Finanze della Camera, si potrà beneficiare della fascia assicurativa più bassa fra tutti i veicoli di proprietà del nucleo familiare. Per le famiglie italiane il provvedimento è una “boccata d’ossigeno”, così l’hanno definita i deputati del Movimento Cinque Stelle, ma potrebbe avere ricadute negative per le compagnie assicurative. 

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