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Dazi, tariffe ed energia: quanto peseranno sull’industria europea? E quale sarà il futuro del gas? Parla il professor Stern

Foto di Jan W da Pixabay

Duties, tariffs and energy: la triade di dazi, tariffe ed energia. Quanto influirà nell’industria europea l’insidiosa combinazione tra il nuovo corso protezionista globale e la sempre più complicata (e costosa) transizione energetica? In attesa di conoscere l’entità dei dazi che saranno introdotti dagli Stati Uniti nei prossimi mesi (e le conseguenti contromisure), l’unico dato certo è che dal 2022 in poi la necessità geopolitica di dover sostituire il gas russo ha influito pesantemente sulla competitività di una parte rilevante della manifattura in Europa, in primis in Germania e in Italia. Nonostante il procedere nella tabella di marcia della transizione energetica, tutte le previsioni fanno ritenere che il mercato del gas rimarrà ancora per qualche tempo uno dei punti determinanti per influenzare la competitività e la sicurezza dell’economia europea.

“Il conflitto in Ucraina e le sanzioni alla Russia hanno rimodellato in modo permanente i mercati del gas in Europa e a livello globale. Anche se la guerra finisse presto, non si tornerebbe ai livelli pre-conflitto di 150-200 miliardi di metri cubi all’anno di esportazioni russe verso l’Europa. Sebbene l’obiettivo dell’Unione di eliminare le importazioni russe entro il 2027 possa non essere raggiunto, i volumi attuali sono già molto bassi e destinati a diminuire ulteriormente”, osserva il professor Jonathan Stern, uno dei massimi esperti al mondo di gas naturale, fondatore del programma di ricerca sul gas dell’Oxford Institute for Energy Studies (OIES) e a lungo direttore del programma “Energia e Ambiente” del Royal Institute of International Affairs a Londra.

Professor Stern, quale ruolo prevede per il gas naturale nella transizione energetica globale dopo il 2030? Il gas continuerà ad essere una fonte chiave?

“Il futuro del gas naturale dipende da tre questioni fondamentali. La prima: il gas naturale può decarbonizzarsi (e quale contributo possono offrire i gas a basse emissioni, come il biogas e il biometano in questo processo)? La seconda: il gas naturale può rimanere competitivo in termini di prezzo rispetto ad altre forme di energia? La terza: il gas naturale può recuperare la sua reputazione come fonte di approvvigionamento sicuro? Le ultime due domande sono particolarmente rilevanti per l’Asia, dove il gas naturale ha ancora margini per una crescita della domanda. In Europa, e probabilmente anche in Nord America, si prevede una domanda statica o in calo per l'”unabated gas” (ndr. il gas naturale che viene utilizzato senza misure per ridurre le emissioni di carbonio). Questo non implica che il gas naturale smetterà presto di essere una fonte energetica chiave, ma la sua importanza è destinata a diminuire in Nord America e, soprattutto, in Europa”.

Come si stanno adattando i principali Paesi produttori di gas naturale rispetto alle crescenti pressioni per la decarbonizzazione?

“Alcuni Paesi stanno adottando contromisure, mentre altri ritengono che non sia necessario, considerando che l’”unabated gas” sarà ancora richiesto in grandi quantità, sia a livello domestico che nelle esportazioni. I dieci maggiori produttori mondiali di gas possono essere suddivisi in tre gruppi: Stati Uniti, Canada, Norvegia e Australia che hanno adottato politiche per raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050. I loro governi e le loro aziende partecipano alla maggior parte delle iniziative globali per la riduzione delle emissioni. Poi ci sono Qatar e Arabia Saudita: il Qatar è leader nella cattura, nell’utilizzo e nello stoccaggio del carbonio da parte degli impianti di Gnl, che aumenteranno significativamente nei prossimi cinque anni. Tutto il gas dell’Arabia Saudita è invece utilizzato a livello nazionale e la maggior parte è associata alla produzione di petrolio”.

E il terzo gruppo?

“È rappresentato da Russia, Cina, Iran e Algeria: a parte la Cina, questi governi non hanno adottato misure per la decarbonizzazione interna e nessuno ha aderito alle iniziative globali per ridurre le emissioni. Va detto che solo la Russia e l’Algeria sono importanti Paesi esportatori. Le esportazioni di gas russo verso l’Europa sono scese a livelli molto bassi dopo la guerra (e potrebbero essere gradualmente eliminate), mentre quelle verso la Cina sono aumentate. La Cina, pur avendo una notevole produzione interna, è un grande importatore sia attraverso gasdotti sia tramite Gnl: è difficile stimare se il gas importato sarà in grado di competere con le energie rinnovabili o con il carbone prodotto internamente. Non è chiaro, invece, se l’Algeria abbia in programma di adeguare le sue esportazioni di gas e Gnl agli standard previsti dall’Unione Europea”.

Chi tra Russia, Iran e Paesi arabi subirà l’impatto maggiore rispetto ai grandi cambiamenti globali in corso?

“Solo Russia, Algeria e Qatar sono Paesi esportatori importanti. Iran, Emirati Arabi Uniti e Oman esportano gas su scala minore. L’impatto dei cambiamenti in materia di decarbonizzazione nazionale dipenderà dalle misure adottate per ridurre le emissioni derivanti dalla produzione e dal consumo. Ma per gli esportatori l’impatto deve essere considerato anche in relazione ai mercati che acquistano il loro gas e Gnl. Ad esempio, nel 2024 l’Unione Europea ha approvato il regolamento sul metano che, entro il 2030, richiederà che le emissioni derivanti dalla produzione e dal trasporto di gas e Gnl rispettino standard minimi di intensità di gas serra”.

Prevede in futuro una maggiore cooperazione internazionale tra i Paesi esportatori di gas?

“Quando è stato creato nel 2001, il Gas Exporting Countries Forum è stato salutato come una sorta di “Opec del gas”. Si tratta di un’organizzazione intergovernativa che promuove la cooperazione tra i Paesi esportatori, ma a differenza dell’Opec non prevede quote di produzione e quindi le sue decisioni hanno un impatto minore sui prezzi. Gli obiettivi strategici del Forum sono la promozione di contratti a lungo termine e di prezzi del gas e del Gnl indicizzati al petrolio, ma non si tratta di imporre ai governi o alle aziende di aderire a questi obiettivi”.

Rispetto alle politiche di neutralità climatica di Usa, Unione Europea e Cina, delineate ovviamente con intensità diverse ed un pragmatismo variabile in ogni Continente, quale sarà il prossimo futuro del gas nel mercato energetico globale?

“Nella maggior parte delle prospettive energetiche, il gas naturale è il combustibile fossile che sarà mantenuto ai livelli più alti rispetto al petrolio e al carbone nella transizione energetica. Tuttavia, il futuro del gas a livello globale dipenderà da valutazioni molto diverse nei singoli Paesi e regioni. Negli Stati Uniti sarà probabilmente influenzato più dai prezzi che dagli obiettivi di neutralità climatica, soprattutto alla luce delle priorità della prossima amministrazione Trump. Se il gas naturale sarà in grado di competere con il carbone nella produzione di energia, allora manterrà la sua quota nel settore energetico. Questo vale anche per quanto riguarda il confronto di prezzo con le fonti rinnovabili”.

In Europa?

“Gli obiettivi di neutralità climatica saranno probabilmente molto più importanti. Se i prezzi del gas e del Gnl riusciranno a tornare ai livelli precedenti al 2021, il futuro sembra più roseo, ma molto dipenderà da come i gas a basso e nullo contenuto di carbonio (biogas, biometano e idrogeno) riusciranno a fare rapidi progressi”.

In Cina?

“Il futuro del gas dipende in larga misura dai settori che non producono energia, in particolare l’industria, il residenziale e il trasporto su strada (a causa della qualità dell’aria urbana). Sebbene gli obiettivi di neutralità climatica possano avere un ruolo nella politica cinese, è probabile che il gas naturale svolga solo un ruolo minore nel raggiungimento di questi obiettivi”.

Che impatto avranno questi scenari rispetto alle nuove infrastrutture del gas?

“Sono pochissimi i nuovi gasdotti internazionali a lunga distanza in costruzione o seriamente contemplati a livello globale. Le uniche eccezioni sono in Asia Centrale-Cina e in Russia-Cina. Potrebbero esserci altri 1-2 di questi gasdotti, in particolare il “Power of Siberia 2”, ma è difficile pensare ad altri. Il futuro commercio internazionale di gas si concentrerà soprattutto sul Gnl”.

Quali tecnologie potrebbero rendere il gas più sostenibile e attrattivo?

“La tecnologia “Carbon Capture, Utilization, and Storage” (cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio) può svolgere un ruolo significativo nel rendere il gas più sostenibile e nel promuovere lo sviluppo dell’“idrogeno blu”. Tuttavia, la CCUS è generalmente considerata costosa e non svolge ancora un ruolo significativo nella decarbonizzazione del gas. Ci sono stati diversi progetti di successo legati ai giacimenti offshore, in particolare in Norvegia, ma pochi altrove. I progetti terrestri hanno avuto successo in Nord America, ma in Europa c’è una sostanziale opposizione allo stoccaggio in loco del biossido di carbonio. Per quanto riguarda il Gnl, esiste un impianto in Qatar e sono in corso nuovi progetti. Un importante progetto in Australia è in corso, ma ha incontrato alcune battute d’arresto”.

Il gas può rimanere una soluzione accessibile per i Paesi a basso reddito?

“Molto dipende dai Paesi presi in considerazione. Quello che si può dire con una certa sicurezza è che se un Paese (o una città) non ha ancora una rete di distribuzione del gas, i costi di installazione di una nuova rete sono probabilmente non competitivi. Tuttavia, i costi di installazione (conversione) di una centrale elettrica o di un impianto industriale in una località costiera, da servire con un impianto di stoccaggio e rigassificazione galleggiante, sono probabilmente ancora gestibili. I livelli dei prezzi internazionali del gas e del Gnl dal 2021 dimostrano che la competitività del gas ha sofferto in modo significativo, ma questi livelli potrebbero migliorare nei prossimi anni con l’entrata in produzione di un maggior numero di progetti Gnl. In Asia, molto dipenderà dalla sensibilità ai prezzi dei singoli Paesi importatori”.

Come evolveranno i flussi di Gnl verso India e Cina?

“Vi è una notevole incertezza sul futuro dei flussi di Gnl verso entrambi i Paesi, in particolare verso l’India. In Cina, molti scenari energetici vedono le importazioni di Gnl raggiungere un picco intorno al 2030 e poi diminuire sostanzialmente. Sia in Cina che in India, è improbabile che i mercati principali siano quelli della produzione di energia, dove le energie rinnovabili (in particolare l’energia solare) e il carbone di produzione nazionale saranno più competitivi del Gnl importato. Tuttavia, nel settore industriale (specialmente quello dei fertilizzanti in India) e soprattutto nelle aree urbane, il gas sarà probabilmente preferito ad altri combustibili fossili per migliorare la qualità dell’aria. Laddove gli utenti finali dipendono attualmente dal petrolio greggio o dai prodotti petroliferi, le prospettive per la domanda di Gnl sono molto più positive”.


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