L’euforia di Londra (+1,06%) in seguito alla schiacciante vittoria di Boris Johnson alle elezioni, non contagia Piazza Affari, che archivia una seduta altalenante fermandosi in calo dello 0,26% (23.329 punti base) soprattutto a causa di prese di profitto sulle banche. Bene il resto d’Europa, con i listini che in mattinata si sono avvicinati ai massimi storici, per rallentare poi nella seconda parte della seduta: Francoforte +0,44%; Parigi +0,59%; Madrid +1,02%.
Wall Street è partita debole, poi ha girato in verde, quindi ora si sta muovendo contrastata. Una volatilità dovuta in parte allo storico voto sull’impeachment da parte della commissione giustizia della Camera dei Rappresentanti, con Donald Trump che diventa così il terzo presidente della storia a essere messo in stato di accusa, anche se ancora manca il voto dell’aula. Dall’altra la trattativa commerciale Usa-Cina. Un accordo di fase uno c’è, annunciano Pechino e Washington, e questo dovrebbe incoraggiare gli acquisti, invece la lettura dei dettagli non risulta ancora chiara o soddisfacente. Scrive Trump su Twitter: “Le tariffe del 25% rimarranno così come sono, mentre il 7,5% verrà applicato su gran parte del resto… le tariffe fissate per il 15 dicembre come penalizzazione non verranno applicate dato che abbiamo concluso l’intesa. Cominceremo subito a negoziare la seconda fase dell’accordo, piuttosto che aspettare a dopo le elezioni del 2020. Questo è un accordo straordinario per tutti. Grazie!”.
Il petrolio resta tonico: Brent +1,1%, 64,91 dollari al barile; si apprezza anche l’oro che sale 1481,75 dollari l’oncia.
Sul fronte valutario l’euro-dollaro è piatto, mentre la grande protagonista del giorno è la sterlina, che festeggia l’esito elettorale salendo a 1,33 sul biglietto verde e a 1,198 sulla moneta unica, dopo aver toccato i massimi da tre anni in mattinata. Il ciclone Johnson ha il merito di spazzare via l’incertezza sulla Brexit: “usciremo il 31 gennaio senza se, senza ma e senza forse” dice il primo ministro, che ha portato i Tory a conseguire il miglior risultato elettorale dalla vittoria di Margaret Thatcher dal 1987, mentre per i Laburisti è il peggiore dal 1935.
La prospettiva tonifica anche i Bond della zona euro. La carta italiana partecipa al banchetto e lo spread fra decennale tricolore e tedesco arretra a 145 punti base (-3,46%), mentre il rendimento è in calo a 1,15%.
Alla Borsa di Londra si è brindato inoltre allo “scampato” pericolo nazionalizzazioni previsto nel programma di James Corbyn: hanno guadagnato utility e servizi, settori finanziario e costruzioni-immobiliare, che contano su una uscita ordinata del Regno Unito dall’Unione europea e su una ripresa dell’economia.
In Piazza Affari le big cap migliori sono Cnh +2,56%; Stm +1,57%; Juventus +1,74%; Unipol +1,2%; Enel +1,15%; Fca +1%. A dare gas al Lingotto sono i rumor sulle nozze con Psa, in attesa del consiglio di sorveglianza dei francesi di martedì prossimo per arrivare alla firma del Memorandum of understanding finalizzato alla fusione tra i due gruppi. Le blue chip peggiori sono Diasorin -3,33%; Amplifon -2,71%; Banco Bpm -2,65%; Ubi -2,42%; Mediobanca -1,89%; Poste -2,07%.
Fuori dal listino principale impennata del Sole 24 ore +18,82% e di Class Editori +4,66%.