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Davos: oggi il World economic forum. In agenda clima, guerre e investimenti. Quasi 3mila partecipanti

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Sfide globali che non hanno trovato ancora una risposta adeguata. Le conseguenze dei cambiamenti climatici spaccano le economie sviluppate e rallentano la transizione energetica delle economie in via di sviluppo. Un corto circuito che bisognerebbe governare.

Il 54° appuntamento del World economic forum da oggi richiama a Davos oltre sessanta capi di Stato e 2800 tra economisti, banchieri e politici. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, il presidente francese Emmanuel Macron, lo spagnolo Pedro Sanchez, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il segretario di Stato Usa Anthony Blinken, il premier cinese Li Qiang, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e quello israeliano Isaac Herzog sono tra gli ospiti più attesi.

Dai loro interventi dovremmo capire meglio la relazione tra eventi climatici e le principali crisi politiche: dal Medio Oriente all’Ucraina. Nodi internazionali diventati più insidiosi dopo la Cop 28 che ricevono risposte con armi, migrazioni e fallimenti diplomatici. La finanza internazionale si aspetta giudizi ma anche soluzioni per gestire una fase nella quale tra i paesi non c’è un reale dialogo. Non si capisce dove sia il baricentro delle decisioni. L’Onu è minata nella sua credibilità, Stati Uniti, Cina, Russia, India affrontano il futuro in maniera del tutto autonoma. E quando capita una calamità si salvi chi può.

Operazione fiducia

“Ricostruire la fiducia” è il tema principale di duecento sessioni di lavoro da oggi al 19 gennaio. Alla vigilia del Forum un gruppo di 1500 economisti ha diffuso un documento sui rischi globali nel quale si chiede un aumento della capacità di investimento pubblico-privato.

Nei prossimi due anni ci saranno eventi estremi di cui la finanza mondiale deve farsi carico per non vedere distrutta la ricchezza presente nei paesi sviluppati. E le disuguaglianze che crescono?

“In un momento in cui le sfide globali richiedono soluzioni urgenti, è necessaria una collaborazione innovativa tra pubblico e privato per trasformare le idee in azioni”, ha detto Børge Brende, presidente del Wef.

Non sarà un operazione facile rispetto anche ai grandi appuntamenti elettorali del 2024. Lo spettro di politiche conservatrici è nell’aria. Davanti ai mutamenti trasversali nel mondo le classi dirigenti hanno mostrato limiti e sottovalutazioni. Se da oggi in Svizzera interrogano se stesse è segno di ripensamenti? Forse.

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Categories: Economia e Imprese