Due eventi importanti questa settimana avranno come tema i cambiamenti climatici e la lotta per non soffocare il pianeta. A Davos, in Svizzera, il 21 gennaio si apre l’annuale World Economic Forum che riunisce capi di Stato, di governo, economisti e banchieri. Quest’anno avranno davanti un documento di 750 scienziati secondo cui il climate change è la priorità assoluta nel sistema economico globale. Ad Assisi il 24 gennaio si firma il Manifesto sui cambiamenti climatici.
L’Italia avrà un ruolo in entrambi i consessi per capire di più e poi avviare, come sostiene da mesi il premier Conte, il suo Green deal. Davos in verità, anche attraverso un confronto a distanza tra il Presidente americano Donald Trump e la giovane ma determinata Greta Thumberg, dovrebbe dirci qualcosa di nuovo sulle vere intenzioni dei Paesi più industrializzati nella lotta alle emissioni nocive, rispetto all’ultima fallimentare Coop 21 di Madrid.
L’Italia in casa propria fa bene a firmare documenti tanto impegnativi e per questo Conte sarà ad Assisi. Ma ha anche l’urgenza di agire nel breve e medio periodo. Gli impegni del nuovo corso ambientalista sino ad oggi sono rimasti nei documenti. Le imprese e i territori aspettano i provvedimenti annunciati che devono essere snelli e di rapida ed efficace applicazione.
Quando Conte metterà la propria firma sul Manifesto ad Assisi con la presenza dei frati francescani e dei più seri ambientalisti italiani, avrà di che riflettere sul fatto che quel testo ha raccolto quasi 2000 adesioni da parte della società civile. C’è scritto che bisogna “rendere la nostra economia e la nostra società più a misura d’uomo. L’Italia è utile se riesce a fare l’Italia. Se incrocia l’innovazione, la qualità e la bellezza con la necessità di eliminare le emissioni che determinano mutamenti climatici e distruggono la nostra economia”. È poco più che un appello ad un esecutivo che ha voluto caratterizzarsi dal suo esordio come di svolta, a vocazione green, ma che non riesce a dimostrarlo nei fatti.
Basta leggere l’ultimo documento dei sindaci – in vista dell’appuntamento di Assisi – per avere ulteriore certezza dello status quo delle tante buone intenzioni espresse dal governo. “Come associazione di Comuni e come amministratori locali siamo consapevoli del fatto che il 60% della popolazione mondiale vive nelle città e che un terzo di quella italiana risiede nelle 14 città metropolitane”. In quelle città dove non si riesce a gestire come si deve la raccolta dei rifiuti, sono in funzione le discariche, si blocca la circolazione per il superamento dei limiti di CO2, i bus pubblici inquinano, l’uso delle energie rinnovabili non è ben sostenuto da agevolazioni, non si vogliono costruire inceneritori e via di questo passo. Nella finanziaria 2000 sono state inserite delle misure, il tempo ci dirà.
E la sinistra al governo che sfida il (bi)populismo grillino e di Salvini? Ha l’occasione storica per vincere una partita decisiva per l’Italia di domani. Forse la più importante che abbraccia sviluppo, ambiente, salute, occupazione. Ascolta le sardine, la sinistra di governo? Ha sentito allora che l’ambiente e la green economy sono in cima alle richieste di questi ragazzi per un mondo migliore? Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola ed anima dell’incontro di Assisi, è uno di quelli che lo ha capito nella più generale distrazione, finché le piazze non si sono riempite.
Il manifesto, promosso tra gli altri da Confindustria ed associazioni del mondo del lavoro, è un’opportunità per una politica riformista a 360 gradi. La convergenza di tanti protagonisti della società su obiettivi alti è un valore da prendere in carico e proiettarlo nel confronto politico e istituzionale. I documenti e i vertici fanno da cornice.