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Dante, il valore della moneta e l’importanza dell’indipendenza delle Banche centrali

Alcuni versi della Divina Commedia diventano lo spunto per ragionare non solo di moneta ma anche di leggi, di istituzioni e di comportamenti. Dialogo tra Luigi Federico Signorini della Banca d’Italia e Antonio Patuelli dell’Abi

Dante, il valore della moneta e l’importanza dell’indipendenza delle Banche centrali

Della Divina Commedia di Dante Alighieri è consuetudine esaminare i profili di eccellenza sul piano dell’espressione poetico-letteraria, riflettendo, anche, sui numerosi messaggi socio-politici in essa contenuti; messaggi, che travalicano il contesto storico in cui è vissuto il Sommo Poeta, per giungere a noi integri nella loro validità ed attualità applicativa.

Meno noti e, in genere, meno sottolineati sono alcuni aspetti di natura economica, di cui peraltro la straordinaria opera dantesca non è certamente priva. Ed è, proprio per la condizione di minorità di attenzione verso questi aspetti e, conseguentemente, di meno frequente riflessione critica su essi che risulta particolarmente meritorio chi vi si sofferma in modo documentato e non banale.

La più recente occasione è stata la scorsa settimana a Ravenna un dibattito, svoltosi nell’ambito della XII edizione del Festival Dantesco, il cui Direttore, Domenico Demartino, aveva individuato come area di confronto “legge, moneta, officio e costume”, evocandoli dai versi del VI Canto del Purgatorio; “4 elementi e i loro aspetti economico sociali, che dovrebbero essere i fondamenti della convivenza civile”.

Dialogo tra Luigi Federico Signorini e Antonio Patuelli

L’interessante ed efficace introduzione di Agnese Pini, Direttrice di QN-Il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno, ha fatto da prologo alle considerazioni di Luigi Federico Signorini, Direttore Generale della Banca d’Italia e di Antonio Patuelli, Presidente di Cassa di Ravenna e di ABI (l’Associazione Bancaria Italiana).

Spunti su Dante e la moneta: il pensiero di Signorini

Partendo dai riferimenti in tema di valore di moneta e di pluralità di sue funzioni-unità di conto, mezzo di scambio e riserva di valore-contenuti nelle due opere di Aristotele, Etica Nicomachea  e Politica, Signorini ha fornito una vivida e composita rappresentazione di quello che egli stesso ha definito “il gold standard italiano del Medioevo”; un sistema costituto dal genoino o genovino, dal fiorino e dal ducato, espressione monetaria di altrettante potenze economiche consolidate in quell’epoca storica e presenti anche nel contesto di vita del Sommo Poeta, Genova, Firenze e Venezia.

Le numerose citazioni tratte dalle tre Cantiche hanno, poi, consentito al Direttore Generale della Banca d’Italia di evocare alcuni aspetti negativi legati al tema della moneta (la condanna della cupidigia, dell’avarizia, della corruzione, diffusa tra i laici, ma, anche, nell’ambito della Chiesa), non tralasciando, peraltro, quelli positivi (la bellezza intrinseca e metaforica dei due metalli nobili, oro e argento, la generosità da lui sperimentata di alcuni personaggi storici, quali i Malaspina e Cangrande della Scala). Una rassegna, che ha rappresentato la premessa logica alla riflessione sulla moneta, quale costrutto sociale, con i corollari indispensabili della sua stabilità e della fiducia da riporre in essa. 

Un costrutto sociale, che si rivela particolarmente delicato nel caso di una moneta fiat, e che può ben a ragione essere trasferito ai giorni nostri, valutando la funzione cruciale delle Banche Centrali e, più specificamente in Europa, della Banca Centrale Europea e del sistema delle Banche Centrali Nazionali. Un ruolo, che, per essere svolto in piena efficacia di operatività, necessita, per Signorini, di totale indipendenza (spesso, ma non sempre, costituzionalmente garantita) corroborata dalla virtù della prudenza dei banchieri centrali, che devono attingere nell’esercizio della propria attività a tre preziose materie prime: la competenza tecnica, il rigore e l’umiltà.

Spunti su Dante e la moneta: il pensiero di Patuelli

Dal canto suo il Presidente Patuelli, nel commentare le considerazioni di Luigi Federico Signorini, ha, innanzitutto, opportunamente sottolineato la caratteristica di manuale etico trecentesco, sia laico che religioso, della Divina Commedia, dal valore universale e atemporale.

Venendo, poi, al merito del tema specifico del dibattito, Patuelli, adducendo anche alcuni incisivi esempi riferiti alla nostra attualità, ha compiutamente illustrato il messaggio trasmessoci dall’Alighieri in tema di instabilità dei 4 elementi evocati nei già ricordati versi del Purgatorio.

L’instabilità del diritto, cui si contrappone la solidità rappresentata dall’opera di codificazione giuridica di Giustiniano, l’incertezza sul valore della moneta e sulle correlate politiche monetarie, le oscillazioni, quando non addirittura la totale inerzia nelle applicazioni operative delle amministrazioni centrali e locali, l’assuefazione a mode effimere rappresentano altrettanti mali della società civile dell’epoca di Dante, puntualmente da lui individuati e severamente condannati; mali, che, purtroppo, si riscontrano, tuttora, con frequenza nel nostro mondo, anche in Italia.

Contrastare queste forme di instabilità, in definitiva, non solo costituisce, per il Presidente Patuelli, una corretta e coerente interpretazione del pensiero Dantesco, ma, soprattutto, indica, in modo inequivocabile, la via maestra da lui tracciata, da seguire per un solido e duraturo sviluppo socioeconomico della società civile di qualsiasi epoca e, quindi anche della nostra.

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