Ci sono rivoluzioni silenziose che cambiano il mondo, senza che ce ne accorgiamo. La Fondazione Golinelli di Bologna è uno degli attori del cambiamento più attivi, ma forse non ce ne stiamo ancora rendendo conto appieno. Essa da anni agisce per migliorare la realtà che la circonda, offrendo ai giovani e di conseguenza alla società delle opportunità di crescita culturale e professionale all’avanguardia, con l’obiettivo di formare persone capaci di immaginare il futuro, di lavorare in team, di creare nuova impresa. È un percorso complesso, che corre lungo strade maestre e laterali, che convergono, alla fine, tutte in un unico luogo del sapere e del fare: l’Opificio. Per compiere questa rivoluzione silenziosa, oggi la Fondazione Golinelli ha rivoluzionato anche sé stessa. In quale modo ce lo spiega il direttore generale Antonio Danieli.
Danieli come sta cambiando la Fondazione Golinelli?
“La nostra Fondazione è diventata una sorta di holding filantropica a capo delle divisioni sottostanti. Le due braccia principali di questa struttura societaria sono G-Lab e G-Factor, due società a responsabilità limitata, controllate dalla Fondazione stessa, che si occupano di formazione e di creazione d’impresa. G-Lab e G-Factor sono imprese, che devono restare sul mercato come se fossero società profit, pur restando non profit per l’aspetto più importante e cioè per quanto riguarda il reinvestimento dei loro utili nelle attività della società stessa”.
Perché avete fatto questa scelta?
“La nostra è una Fondazione che guarda lontano, come dimostra la lungimiranza del suo creatore Marino Golinelli. Con il progetto “Opus 2065” Golinelli ha cercato di proiettarci nei prossimi 50 anni, ma la Fondazione deve andare oltre e per farlo deve essere in grado di restare sul mercato con le sue iniziative. Per esempio con G-Factor noi ci assumeremo un rischio d’impresa partecipando alle start up in cui crediamo. Potremo anche sbagliare, ma ci daremo contestualmente la possibilità di crescere e di diventare più grandi”.
Molta strada è già stata fatta fin qui…
“Devo dire di sì, lo testimoniano i nostri numeri: oltre 500 mila ore di formazione erogate, più di cento partner scientifici, 300mila visitatori e passa e fra poco il raddoppio degli spazi, con 14mila metri quadri dove svolgere le nostre attività”.
La nuova area quando sarà inaugurata?
“Nelle prime settimane del nuovo anno saremo pronti. D’altra parte l’11 dicembre si è chiusa la call per partecipare al primo bando per idee di start up. Il nuovo incubatore d’impresa avrà a disposizione 2500 mq per realtà imprenditoriali emergenti, in un ambiente collaborativo e generativo, che consenta la fertilizzazione tra diverse competenze, esperienze e culture, da quella umanistica a quella tecnica, da quella scientifica a quella economica. Al momento stiamo valutando le 124 candidature che abbiamo ricevuto e a febbraio renderemo noti i vincitori. I 10 progetti selezionati, per i quali abbiamo stanziato un milione di euro, partiranno in marzo e seguiranno un programma di accelerazione della durata di 9 mesi, di cui tre residenziali in Bologna e 6 di mentoring remoto. Il 44% circa dei partecipanti al bando concorre nel settore medtech, Il 24,5 nel pharma e biotech, un altro 24% ha presentato progetti di bioinformatica e ingegneria biomedica, infine quasi l’8% in nutraceuticals. Una decina di candidature vengono dall’estero, anche se le università del nord Italia fanno ancora la parte del leone. C’è una buona presenza di progetti dal sud, centro e isole. La nostra intenzione, nelle prossime edizioni, è di allargarci ancora di più a livello internazionale. Vogliamo che il nostro modello G-Factor sia il più ampio possibile. Abbiamo l’ambizione di dire che siamo un modello inedito nel panorama globale. Non siamo solo un incubatore d’impresa o un luogo d’incontro fra idee e denaro, ma una struttura complessa che si avvale di tanti partner, pubblici e privati, e che tiene assieme tutte le sfaccettature necessarie alla realizzazione di un’impresa che goda anche di una prospettiva di lungo periodo”.
A questo punto l’Opificio Golinelli, che è il luogo in cui si svolgono molte delle vostre attività, è completo?
“Sì, l’Opificio è e sempre di più sarà un ecosistema aperto in cui si integrano le attività di educazione, formazione per studenti e insegnanti, ricerca, trasferimento tecnologico, incubazione, accelerazione, venture capital, divulgazione e promozione delle scienze e delle arti di Fondazione Golinelli. Il nostro obiettivo è di divenire, entro i prossimi tre anni, uno dei più importanti centri di riferimento per l’innovazione a livello europeo. Non è un caso se abbiamo deciso di ospitare anche il primo Centro di Competenza degli otto selezionati dal Mise e realizzato dall’università di Bologna con altri 57 partner, fra pubblici e privati. Si tratta di BI-Rex e garantirà formazione, consulenza e orientamento alle imprese per l’adozione di nuove tecnologie avanzate in ambito industria 4.0. È un tassello che si incastona perfettamente nel grande mosaico disegnato dall’Opificio”.
G-Lab è la società che si occupa della formazione?
“Sì, tutte le attività educative e formative vengono ora gestite da G-Lab. Oggi la maggior parte delle nostra attività vengono svolte nell’Opificio, ma non possiamo continuare ad allargarci. Visto che la domanda è crescente porteremo la formazione nelle scuole, nelle università, nei luoghi dove viene richiesta”.
Anche il Centro Arte e Scienza ha una struttura societaria dedicata?
“No, per il momento dipende direttamente dalla Fondazione, anche se ha un comitato scientifico che si occupa della programmazione di eventi, con il coordinamento del nostro presidente, il professor Andrea Zanotti. Stiamo infatti preparando un grande evento per l’autunno 2019, ma ancora non posso anticipare niente”.