“Il mercato del petrolio? Vive un momento particolare, assai controverso: il crollo del barile ha provocato un forte aumenti dei consumi, specie in Cina, India ed Africa. Ma non tutte le commodities camminano nello stesso modo: da un barile di greggio si ricava benzina, i cui consumi salgono, ma anche diesel che sta soffrendo”. Parla così Paolo d’Amico, presidente di d’Amico International Shipping, società leader nel trasporto marittimo, grande protagonista a livello mondiale nel mercato delle navi cisterna.
Settore che per ora va a gonfie vele, a giudicare dai risultati del gruppo, i migliori dal 2009: utile netto consolidato di 54,5 milioni di dollari contro una perdita di 10,6 milioni a fine 2014; ebitda di 97,1 milioni di dollari, contro i 32 milioni del 2014. Ma non è facile navigare sulle acque di un mercato turbolento, in costante evoluzione tra concorrenti nuovi (l’auto elettrica e/o l’ibrida) e noli ballerini, su cui si riflettono i rischi di recessione in Cina, il boom dei consumi in Nigeria, la nuova mappa mondiale delle raffinerie, per non parlare degli Usa: pochi anni fa si progettavano i terminali per accogliere il gas in arrivo dal Qatar, oggi si investe per esportare.
In questa cornice d’Amico Shipping ha avuto il merito di anticipare i trend del mercato: l’aumento dei consumi, la nuova geografia dei produttori e dei mercati di sbocco e, di riflesso l’aumento della domanda per chi trasporta i prodotti raffinati. Ma quanto durerà il trend attuale? Auto elettriche ed ibride non eroderanno il primato della benzina? E l’emergenza ambientali non imporrà correzione di rotta? Paolo d’Amico, l’altro giorno a Piazza Affari per incontrare gli analisti, per l’occasione ha parlato anche di questo oltre che delle buone prospettive del 2016, che si è aperto con la ripresa dei noli.
Cosa è cambiato nel mercato dopo il crollo delle quotazioni del petrolio?
“E un quadro a più tinte: corre la benzina, soffre il diesel. In Europa, in pratica l’unico mercato in cui si utilizza il diesel per le auto, i consumi sono cresciuti meno che altrove. Inoltre, complice la crisi, un po’ ovunque è calato il traffico dei camion mentre l’agricoltura soffre. Intanto, con il crollo del prezzo del barile i consumi di benzina sono cresciuti in maniera esponenziale dalla Cina all’India e in tutta l’Africa”.
Anche l’Africa?
“Il mercato è in forte espansione. La Nigeria, in particolare, ha scoperto l’automobile. Ci sono poi i mercati tradizionali: negli Stati Uniti la domanda di benzina è esplosa grazie al fatto che i benefici del calo delle quotazioni lì si riflettono immediatamente sul prezzo alla pompa. A differenza di quel che accade in Europa dove, si sa, sul carburante pesano accise ed imposte, le oscillazioni del cambio con il dollaro e i costi legati ad una rete distributiva più cara”.
Che cosa determina questa diversa velocità?
“Le raffinerie stanno massimizzando la produzione di benzina, ma crescono gli stoccaggi del diesel. Per ora a terra. Ma già ci sono casi in cui si allungano i tempi di consegna delle navi. Vedremo cosa succederà in estate: sono abbastanza fiducioso che la ripresa dell’attività agricola e la nautica da diporto aiuteranno ad equilibrare la situazione. Ma ci vorranno anni per smaltire le eccedenze”.
Quali sono le altre conseguenze della caduta dei prezzi?
“I bassi prezzi del petrolio hanno anche determinato un aumento dei margini di raffinazione. Ma nel frattempo la capacità di raffinazione si è allontanata dai centri di consumo. Di qui la crescita della domanda di nuove navi per servire i mercati finali dalle nuove raffinerie: le più moderne ed efficienti oggi sono situate nel Golfo Persico”.
Di qui una grande opportunità per il vostro settore. O no?
“Abbiamo avuto il merito di avviato per tempo un piano di crescita, ordinando 22 navi in un momento di prezzi bassi: dieci già in attività, 14 già affittate a prezzi interessanti a diverse oil majors e ad una delle più importanti società di raffinazione. Così possiamo disporre di una flotta giovane, con una vita media di 7.8 anni contro i 10 del settore, costituita tutta da navi che hanno un valore di mercato superiore a quelli di libro. Inoltre, non sono molti i cantieri che costruiscono navi di questo tipo. Diversi cantieri giapponesi hanno rinunciato per i costi imposti dalla legislazione a tutela dell’ambiente. C’è un cantiere in Cina, 5 in Corea del Sud, 3 in Giappone. Nessuno di loro, però, è in grado effettuare consegne fino al 2018”.
Questa strategia ha imposto notevoli sforzi finanziari…
“Abbiamo investito circa 750 milioni di dollari. Ma mi piace rilevare che ai soci, sotto forma di aumento di capitale in questi anni abbiamo chiesto solo 60 milioni. L’indebitamento netto è di 422,5 milioni si dollari”.
Proviamo a fare l’avvocato del diavolo: che rischi può comportare il calo dei consumi di petrolio? Pensiamo ad un mondo di auto elettriche.
“Credo che non farò in tempo a vedere il vero impatto di questa rivoluzione. Pensiamo al mercato italiano: la famiglia media oggi ha due vetture, una per la famiglia, l’altra da usare in città per fare la spesa. E’ questo il serbatoio potenziale per le auto elettriche. Dubito che i volumi di vendita, almeno nel prossimo futuro, possano incidere sul nostro business. Anche perché a corsa all’auto è appena iniziata in una certa parte del mondo. In ogni caso già ci siamo posti il problema di individuare altre attività”.
Pensate anche al gas naturale?
“Guardiamo a questo mercato, senza nasconderci le difficoltà. Gli investimenti per una nave in quel settore dono assai più alti, nell’ordine dei 200 milioni di dollari. Inoltre, si sono costruite più navi che rigassificatori da rifornire. Ma possiamo puntare anche su altri settori. Abbiamo già portato oli alimentari in India ed in Pakistan piuttosto che olio di palma per uso cosmetico. Sono 350 i prodotti idonei a viaggiare sulle nostre navi cisterna ”.
Avete pensato a coprirvi sul rischio petrolio?
“Per il 2016 no: il greggio resterà su questi livelli”.