Il Nicaragua rilancia e raddoppia. Anzi triplica e quasi quadruplica. Sarà infatti più di tre volte più lungo di quello della vicina Panama il nuovo canale artificiale che attraverserà il Centro-America collegando il Mar dei Caraibi all’Oceano Pacifico: 278 km da Rio del Brito (lato oceano) a Rio Punto Gorda, contro i 77 km del canale di Panama (e i 163 km, 195 considerando i canali di accesso, di quello di Suez).
Il progetto è stato approvato ieri dal governo del Nicaragua dopo l’incontro con la Nicaragua Canal Development Investment Co (HKND Group), società cinese con sede a Hong Kong che ha messo sul piatto quasi 30 miliardi di euro: tanto costerà la grande opera, i cui lavori dovrebbero iniziare a dicembre di quest’anno per concludersi nel 2019.
Secondo gli ingegneri di HKND Group, holding guidata dal magnate cinese Wang Jing , già presidente di Xinwei Telecom Enterprise Group, la navigazione sarà possibile non prima del 2020, in quello che sarà il più grande corso d’acqua dell’America Centrale: largo tra i 230 e i 520 metri, profondo fino a 28 metri. I numeri della nuova infrastruttura fanno sicuramente gola al commercio: “Il nuovo canale – spiega Dong Yunsong, capo ingegnere di HKND – sarà infatti in grado di sopportare navi container e petroliere fino a 400.000 tonnellate di peso; consentirà il transito di oltre 5mila imbarcazioni l’anno con un tempo di percorrenza medio di 30 ore per ciascuna di loro”.
Ci sarà però da superare la resistenza degli ecologisti, che sono già sul piede di guerra: secondo gli oppositori del progetto il grande rischio è quello di inquinare il Lago Nicaragua, che a ridosso del confine con il Costa Rica sarebbe attraversato dal canale artificiale ed è oggi un’importantissima fonte di acqua potabile per il Nicaragua. C’è poi il timore per la conservazione dell’ecosistema forestale e per le popolazioni che vivono in quell’area, visto che lungo il percorso sono previsti 41 depositi merci per una superficie coinvolta – oltre a quella dell’acqua – di 158 chilometri quadrati.
L’impatto ambientale dell’opera non è infatti leggerissimo: richiederà 190 megawatt di energia elettrica, oltre 14 milioni di tonnellate di cemento, 4,4 milioni di tonnellate di acciaio, 5,2 milioni di tonnellate di combustibile e quasi 150 milioni di tonnellate di sabbia e pietre. A fronte di questo, come ricorda ancora la società cinese, “il canale favorirà la creazione di 3mila posti di lavoro e darà un valore aggiunto al commercio da 25 miliardi di dollari entro il 2030”. Più del doppio del Pil 2012 del Paese da 6 milioni di abitanti, il più grande geograficamente ma anche il più povero del Centro-America, con un prodotto interno lordo cinque volte inferiore a quello di Costa Rica e Guatemala.