A poche decine di metri da un gazebo che espone lo slogan “Prima gli italiani”, camminando per il centro storico di Trento ci si imbatte in stradine piene di pizzerie a taglio e focaccerie, spesso gestite da stranieri. Una di queste ha una storia speciale: si chiama Ibris, dalle iniziali del suo fondatore Ibrahim Songne, un ragazzone di 26 anni nato in Burkina Faso ma cresciuto nel capoluogo trentino dall’età di 12 anni, tanto da disimparare la sua lingua madre, il francese, e parlare un italiano correttissimo e con accento marcatamente nordico. “Parlo anche il dialetto trentino”, racconta con orgoglio Ibrahim, che sognava la laurea in Economia (“ma gli studi costavano troppo per la mia famiglia”): 9 mesi fa ha deciso di fare il grande salto e di aprire un locale tutto suo. “Dopo anni passati a lavorare in una pasticceria, non ne potevo più dei dolci – confessa, con un sorrisone sollevato -. La mia passione sono diventate pizze e focacce: mi sono messo con pazienza, da autodidatta, a sperimentare per conto mio impasti e lievitazioni e la mia ex fidanzata, una ragazza bresciana, mi ha incoraggiato ad aprire un’attività”.
Il risultato è che i suoi prodotti sono sorprendentemente riusciti, soprattutto le focacce e le farinate che poco c’entrano col Trentino ma casomai con la Liguria: “In realtà non ho legami con la Liguria. Sì, ci sono stato, ma è un caso che mi sia appassionato proprio a prodotti tipici di quel territorio”. Ibrahim ha sempre vissuto a Trento, dove ha raggiunto il padre, che lasciò l’Africa quando lui aveva appena un mese e che ora lavora come conciatore di pelli in una valle vicina: “Secondo me in Italia non esiste un posto come Trento. Non dico che le altre città non siano belle, ma qui hai un contatto unico con la natura”. In questa regione di montagna, dove ama fare trekking e andare a correre (e dove vivono anche i suoi due fratelli), Ibrahim è riuscito a portare persino i sapori di una terra lontana e di mare: “In passato ero abituato a lavorare più sulla quantità che sulla qualità, perché si tende a prediligere la ricerca del profitto. Invece il mio obiettivo era proporre un prodotto prima di tutto salutare e digeribile. Di solito nell’impasto della focaccia l’acqua rappresenta il 60% rispetto alla farina di patate, con l’aggiunta di lievito di birra. Io ho provato a utilizzare acqua al 90%, farina Tipo 1 e lievito madre”.
E poi tanta levitazione naturale, come da manuale per esaltare fragranza e croccantezza: “All’inizio rispettavo le ottimali 48 ore, ma dopo una settimana il locale ha iniziato ad andare bene e ho dovuto accorciare i tempi, passando a 24 ore”, ammette Ibrahim. Il lavoro per lui, che utilizza solo materie prime italiane (“Tutte trentine, a parte la farina”) e ha tra i suoi dipendenti un ragazzo italiano, Matteo, di Bassano del Grappa, e una ragazza pachistana, Anila, sta velocemente aumentando. “Un supermercato qui vicino mi ha chiesto una collaborazione e dalla prossima settimana assumerò un’altra ragazza al banco”, spiega il ragazzo del Burkina Faso che è tuttora socio unico dell’esercizio e l’unico a impastare e infornare pizze e focacce come solo lui sa fare, dopo anni passati a sperimentare, coltivando la sua passione. Già geloso del suo metodo? “No – ride – anzi Matteo già mi dà una mano”.
Ma la storia di Ibrahim non è soltanto la simpatica avventura di un ragazzo che ha giocato a fare il pizzaiolo ed è diventato un piccolo imprenditore di successo. E’ anche una straordinaria storia di integrazione, culminata due mesi fa con l’ottenimento della cittadinanza italiana: “Giusto in tempo per votare!”, scherza lui. “In realtà mi spettava da due anni, ma all’inizio non davo importanza alla cosa. Poi ho capito che io mi sento davvero italiano e che avevo voglia di esercitare i miei diritti, compreso quello di andare a votare”. Ha mica votato Lega? “Ma figuriamoci!”. Nel banchetto a poche decine di metri si continuano a raccogliere firme per restituire l’Italia agli italiani (Trento ha ancora un sindaco di centrosinistra, anche se lo scorso autunno la Provincia è passata alla Lega). Forse assaggiando la focaccia ligure di Ibrahim, cambierebbero idea.