L’ecatombe parte da Usa e Cina, con i colossi Twitter e Tencent che perdono oltre il 20% nell’ultimo mese, e si allarga a macchia d’olio ad altri big come Facebook (-4,3% ieri e -22% in un mese), Microsoft (-2,88% ieri), Google (-12% in un mese), LinkedIn e Amgen per arrivare a Netflix, Tesla, Pandora e a Weibo, il Twitter cinese in procinto di quotarsi al Nasdaq, che non a caso ha abbassato il prezzo d’offerta iniziale: da 500 a 435 milioni. Persino la coreana Naver (-10%), la nipponica Rakuten (-7%), e Yahoo Japan che da marzo ha perso il 26%.
In tutto, secondo quanto scrive oggi il Financial Times, 275 miliardi di dollari di titoli venduti, con le 14 società più grandi del mondo (9 negli Usa e 5 in Asia), ciascuna con valore superiore ai 20 miliardi di dollari, che hanno perso un quinto del loro valore di Borsa complessivo, pari a 1.400 miliardi di dollari. E il tutto in netta controtendenza rispetto all’andamento generale mercati azionari, tant’è vero che lo stesso quotidiano statunitense fa notare che solo Google ha perso nell’ultimo mese il doppio di quanto perso dall’intero Nasdaq nello stesso periodo.
Cosa sta accadendo al settore high tech? Ft avanza due tipi di spiegazioni. La prima, esposta da Hemant Taneja, un venture capitalist della Silicon Valley, ritiene la situazione “normale e salutare. Sono state stanate le speculazioni e una volta che i prezzi delle azioni si stabilizzeranno, le valutazioni più basse renderanno la vita più facile alle aziende”. L’altra spiegazione, di David Garrity, analista di GVA Research, è di tipo geopolitico: “L’epicentro del rischio nel mondo si è spostato. Con la crisi in Crimea un nuovo livello di rischio geopolitico è emerso, mentre il cambio di leadership presso la Federal Reserve e i segni di rilancio della crescita Usa hanno spostato l’interesse degli investitori altrove”.
Garrity sulle colonne del Financial Times definisce i titoli high tech addirittura “fatiscenti”: “Dopo il boom con la bolla del 2000, potrebbero diventare come i canarini nella miniera di carbone”, ovvero più sensibili degli altri alle situazioni negative, come lo erano gli uccellini usati nelle miniere per avvertire il livello di gas. “Una volta bastava aggiungere .com al nome della società – aggiunge Eric Cha, analista di Nomura, tornando sulla bolla di internet -: gli investitori non capivano esattamente che cosa fosse, adesso invece lo sanno bene”.
Adesso Internet significa 2,5 miliardi di dollari di utili annui per Tencent e 1,5 per Facebook, tanto per intendersi. “Ma la nuova sfida, il nuovo territorio di caccia, è il mobile”, scrive Terry Chen, analista di CLSA. Dopo il boom delle dotcom, Ft vede non poche somiglianze con quella che potrebbe essere la nuova bolla, quella del business legato agli smartphone. E così mentre i titoli perdono, è già iniziata la guerra delle app: ne sono la prova i 19 miliardi spesi da Facebook per Whatsapp. Che, dopo il calo del titolo di Zuckerberg nelle ultime settimane, sono diventati 17.