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Da Monti, Bersani e Casini: dopo Cernobbio tre ipotesi per il dopo-voto

Con i tre discorsi di ieri di Mario Monti a Cernobbio, di Pierluigi Bersani a Reggio Emilia e di Pierferdinando Casini a Chianciano, il dibattito tra le forze politiche torna nel vivo e avvia di fatto la campagna elettorale in vista del voto di primavera. Naturalmente al centro dei discorsi c’è la questione di chi dovrà governare l’Italia dopo il voto. Pierferdinando Casini ha rilanciato l’ipotesi del Monti bis; Pierluigi Bersani, concludendo la festa del suo partito, si è di fatto candidato a premier, annunciando che il Pd è pronto ad assumersi la responsabilità di governare il Paese per non lasciarlo alla mercè di imbonitori populisti che lo porterebbero alla catastrofe. A sua volta il presidente del Consiglio, forte dei successi politici ottenuti soprattutto a livello internazionale ha invece ribadito che è il momento che la palla torni alla politica. “Quella del governo tecnico – ha spiegato – è un episodio transeunte e limitato nel tempo. Mi rifiuto di credere che gli italiani non siano in grado di scegliere un presidente del Consiglio”.

Come si vede siamo dinanzi a tre posizioni apparentemente molto diverse. Probabilmente c’è anche un gioco di attesa, più o meno obbligato, visto che ancora non sappiamo con quale sistema l’Italia andrà alle urne. Tuttavia i tre discorsi di ieri sono l’unico segnale politico forte di fine estate. Casini, che ha cancellato il suo nome dal simbolo dell’Udc ha giocato di anticipo: occupando la posizione centrale dello schieramento politico al quale guardano possibli prossime discese in campo: da Fini all’Api, da Italia Futura di Montezemolo a Oscar Giannino e altri. Con l’Udc, che ha difatto già incassato il sostegno dell’ex presidente di Confindustria Marcegaglia, dovranno fare i conti anche coloro che pensano al Monti bis.

A sua volta Bersani si prepara a guidare il fronte dei progressisti, aperto ad accordi con i moderati (Casini e contorno), soddisfatto dei risultati ottenuti con il sostegno al governo tecnico, i cui risultati, ha spiegato, sono “un punto di non ritorno”. Che però da solo non basta perchè il Pd vuole anche altro. Bersani lo riassume così: “Meno diseguaglianze, più lavoro, più diritti”. In pratica e in sisntesi: “più democrazia”. Il tutto in un discorso molto critico verso gli incantatori populisti, che non si manifestano solo a ridosso dei berlusconiani. Conferma poi dell’importanza delle primarie, ma quanto al suo maggior competitor, Renzi, il segretario preferisce seguire il vecchio detto, non nominandolo in nome del vecchio adagio, per il quale “de minimis non curat pretor”.

In questo contesto le cose più importanti le ha dette ancora una volta proprio Monti, il quale con grande coerenza ha ribadito quanto detto sempre (fin dall’accettazione) dell’incarico. Insomma il suo lavoro di presidente del Consiglio finisce con questa legislatura. Il che, ma questa non è una considerazione del presidente del Consiglio, non vuol dire abbandono della politica e soprattutto indisponibilità a ruoli istituzionali. Il dopo Monti di Monti è probabilmente quello di una grande riserva per la democrazia italiana e per le sue istituzioni. Ma per ora il capo del governo tecnico si rimette a quello che decideranno gli elettori italiani.

E Berlusconi? Per ora il silenzio dell’ex premier è assordante. Potrebbe ricandidarsi, ma i sondaggi non lo incoraggiano. Per ora il suo partito è bloccato e può solo giocare in un ruolo di interdizione: sulla legge anticorruzione, ma soprattutto sulla legge elettorale. La quale sembrava cosa fatta, finchè non sono arrivati i suoi ripensamenti. I quali di fatto non facilitano nè il cammino del governo, nè l’avvio di una consapevole campagna elettorale. Alla quale pure dopo tante difficoltà e sacrifici gli elettori italiani avrebbero diritto.

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Categories: Politica