Questo cortocircuito determinato sostanzialmente dall’incontro tra la crisi economica e l’invecchiamento della società è all’origine della sperimentazione di nuovi modelli di intervento. Non solo nell’assistenza agli anziani – come nel caso del Comune di Milano – ma anche nel sostegno alle famiglie in difficoltà. Interventi che hanno in comune l’obiettivo di ridare vita a sistemi di relazioni solidali che nessuna azione istituzionale è in grado di sostituire.
A Torino per esempio è partito già nel 2003, ma sta prendendo piede di recente, il progetto “Una famiglia per una famiglia”, promosso dalla Fondazione Paideia. Il modello di riferimento è ben noto ed è anche antico: in diverse situazioni, specialmente in passato, funzionava spontaneamente e si chiamava “buon vicinato”. Solo che in questo caso l’incontro tra le due famiglie si realizza all’interno di un progetto che dura un anno ed è sostenuto da un tutor il quale, a sua volta, è in contatto con l’assistente sociale che segue la famiglia in difficoltà.
Il sostegno che la “famiglia affiancante” offre non si riferisce solo ai bisogni materiali, ma riguarda tutti gli aspetti della vita quotidiana. Un caso concreto è quello di famiglie formate da un solo genitore e prive di punti di riferimento parentali. Nato a Torino, il progetto si è poi esteso a varie aree di Piemonte, Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Valle d’Aosta, Abruzzo ed è da poco arrivato anche a Roma, tramite una collaborazone tra la Caritas e l’assessorato alle Politiche Sociali. Fino a ora sono stati attivati in tutto circa 300 “affiancamenti” con 500 bambini coinvolti. La sperimentazione nella Capitale (che inizialmente riguarda otto famiglie) è un passaggio importante verso l’obiettivo di fare di questa pratica un’alternativa stabile all’affido del singolo bambino. Farne, cioè, una politica sociale ordinaria anche a livello nazionale.