Condividi

Da Cernobbio un sì a Draghi ma ora il Qe

FORUM AMBROSETTI – La decisione di tagliare ulteriormente i tassi, appena presa dalla Bce, è al centro dei commenti degli economisti presenti, che approvano ma numerosi chiedono che ora la Banca centrale europea proceda verso il Quantitative easing.

Da Cernobbio un sì a Draghi ma ora il Qe

Ancora una volta tra i protagonisti del Forum Ambrosetti di Cernobbio c’è Mario Draghi. Il presidente della Bce non partecipa al meeting di Villa D’Este ma è proprio qui sul lago di Como che si registrano le prime reazioni tra politici e manager alle sue mosse di politica monetaria varate ieri a Francoforte. La decisione a sorpresa e non unanime in seno al board Bce di tagliare i tassi al nuovo minimo storico dello 0,05% e di acquistare Abs ha innescato il dibattito tra economisti, politici e manager, mentre rimane in primo piano l’interrogativo sul lancio o meno del famoso Quantitative easing, ossia l’acquisto di debito pubblico da parte della Bce alla stregua di quanto fatto dalla Banca centrale Usa. A favore del programma di acquisti di titoli di Stato è per esempio Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del board della Bce e oggi presidente della società Snam: “Come crei liquidità? Compri asset e inietti liquidità nel sistema – ha detto da Cernobbio – Gli Stati Uniti, il Giappone e atri Paesi hanno percorso questa strada. La Bce è l’unica a non averlo fatto, per buone ragioni nel passato. Ora che l’inflazione è vicina allo zero, perché stiamo aspettando?”.

Per ora non tutti se lo aspettano. L’ad di Unicredit Federico Ghizzoni l’intervento dell’Eurotower “è un passo in avanti importante, un grande messaggio ai mercati” che scommettono anche su un quantitative easing per fine anno, ma “Draghi ha detto che il quantitative easing verrà preso in esame solo se necessario e solo se le riforme da parte dei governi verranno fatte. Quindi adesso la palla passa ai governi”. C’è chi comunque scommette (e tra questi l’economista Nouriel Roubini) che per fine anno la Bce darà finalmente via libera al Qe. Tra gli ospiti del workshop è corposa la presenza tedesca, dove il dibattito sulla politica della Banca centrale è da sempre spinoso. “E’ l’unica direzione possibile – ha spiegato a Firstonline Michael Burda, professore di Economia alla Humbold University di Berlino – Tutto queste iniziative sono fatte per il tasso di cambio anche se Draghi non può dirlo perché non è nel suo mandato. Ma se l’euro scende verso 1,10-1,20 si tratta di una buona cosa su due fronti: da un lato l’indebolimento dell’euro favorisce le esportazioni con le merci europee che diventano più economiche per gli americani, in secondo luogo favorisce anche l’aumento dei prezzi alle importazioni che a sua volta fa aumentare il tasso di inflazione. E un po’ di inflazione è positiva. Quindi l’effetto è doppiamente positivo”. Più scettico Ulrich Grillo, presidente degli industriali tedeschi che per far ripartire la criescita indica la necessità di altre iniziative a livello europeo in tema di competitività sottolineando lo scarso impatto che le iniziative prese ieri avranno sugli investimenti. “Credo che l’impatto del pacchetto di misure di Draghi sia limitato – ha detto a Firstonline Grillo – i tassi erano già bassi e non credo si ripercuoterà in maniera consistente sugli investimenti, soprattutto in Germania dove non c’è nessun problema di accesso al credito. Quello di cui le aziende hanno bisogno è la fiducia mentre si sono invece aggiunti i rischi geopolitici.”

Tra Germania e Italia la prospettiva è giustamente diversa. Le aziende tedesche non hanno mai sofferto di difficoltà di accesso al credito come quelle spagnole e italiane. “Il momento è molto positivo, si mettono a disposizione fondi a un tasso di costo praticamente nullo e questo significa facilitare gli investimenti”, ha commentato da Cernobbio Gian Maria Gros-Pietro, presidente del cdg di Intesa Sp, a proposito delle misure della Bce. “Va sottolineato – ha continuato – che la Bce presta i soldi, non li regala, e quindi rimane fondamentale la valutazione della qualità dell’imprenditore e del credito”.

In ogni caso, l’opportunità che arriva dai tassi di interesse deve indurre a una seria riflessione a livello europeo sulle politiche di investimento. “Abbiamo ormai raggiunto il limite di politica monetaria in generale – ha detto l’ex ministro del Lavoro, l’economista Enrico Giovannini – è il momento di puntare sugli investimenti in tutta l’Unione europea abbiamo bisogno quindi di ripensare una politica fiscale a livello europeo molto più orientata sugli investimenti, sulla costruzione di infrastrutture comuni, cioè quello che poi fa la crescita nel medio termine. E’ vero che la sfiducia ancora prevale, lo vediamo dagli indicatori sia delle imprese sia delle famiglie in cui c’è stato un peggioramento anche in altri Paesi. Questo è il tema chiave, ma le banche hanno bisogno di aumentare la loro redditività e questa cresce se si fanno investimenti che producono risultati nel medio termine”. Per Francesco Caio, l’ad di Poste, “l’ingrediente che manca è quello, da parte delle imprese, di una grande progettualità”.

Angelo Tantazzi, presidente di Prometeia, ha rilevato che le decisioni prese ieri dalla Bce “sono importanti per gli investimenti” ma ha anche ricordato come anche meno burocrazia aiuti l’economia e ha sottolineato l’importanza di una politica fiscale pensata a livello europeo. “La politica monetaria ha corso molto a oggi – ha detto – ma anche la politica fiscale deve essere parte della soluzione. La politica fiscale però non si risolve nel singolo Paese ma in tutta l’eurozona perché l’azione della Bce riguarda tutta l’area della moneta unica e anche” la politica “fiscale deve coinvolgere” la stessa area.

Per l’economista di Harvard Kenneth Rogoff il taglio dei tassi deciso dalla Bce è legato al timore di una nuova crisi: “Credo sia questo l’elemento centrale che ha spinto e spingerà le banche centrali a tenere basso il costo del denaro. Se potesse, la Bce porterebbe i tassi d’interesse in negativo. Draghi sta utilizzando tutti gli strumenti di cui dispone e io penso che abbia preso la decisione giusta”. L’economista, per cui la situazione economica è ancora molto difficile e il nodo èprincipale rimane il problema del debito èpubblico, ritiene che Draghi si è spinto fino dove ha potuto e che il punto non è quello che sta facendo ora ma il segnale che sta mandando su quello che farà. Da Cernobbio Rogoff ha ricordato che la battaglia più grande di Draghi è stabilizzare il settore bancario dell’Eurozona, avendo speso mesi nel revisionare più di 130 istituzioni finanziarie a rilevanza sistemica: “Gli stress test sono più important del Qe”.

Commenta