Dopo il successo del RaspBerry Pi, il computer più piccolo ed economico al mondo, il segmento dei picoPc ha visto sempre più aziende informatiche mettere a listino soluzioni di questo genere con prezzi e performance che ormai hanno poco da invidiare ai portatili di fascia economica (netbook). A farsi avanti, dopo i colossi Intel e VIA – quest’ultima già leader nel settore delle soluzioni embedded – ci sono ora anche realtà ibride, fatte di accordi tra produttori di software e produttori di hardware come nel caso del BBK BitTorrent Certified Box oppure start-up nate proprio con l’unico scopo di creare questi particolari sistemi elettronici.
L’americana Solid Run, ad esempio, è una di azienda di ingegneri, sviluppatori e designers, che hanno messo in comune esperienza e know-how per realizzare CuBox Pro, ovvero la versione più performante di quel progetto che nel 2011 aveva già fatto rimanere a bocca aperta gli appassionati del genere. Rispetto al capostipite Raspberry Pi, CuBox Pro è leggermente più voluminoso e più pesante, anche se stiamo parlando di un cubetto di 5 centimetri per lato e di 91 grammi di peso. Il prezzo pure è notevolmente superiore ai soli 25 dollari del micro computer realizzato dalla fondazione Raspberry Pi, ma la motivazione principale è che il CuBox garantisce prestazioni sicuramente migliori della concorrenza a basso costo.
La scatoletta prodotta da Solid Run si può acquistare con 120 euro, una fascia di prezzo intorno al quale si stanno attestando un po’ tutti gli altri progetti di questo tipo. Anche la norvegese FXI, impegnata nella distribuzione del suo Cotton Candy (un pc dentro una pennetta) o la casa sudcoreana HardKernel, produttrice del microsistema Odroid-X, solo per fare altri esempi, vendono i loro prodotti di punta a non meno di 100 euro.
In tutti i casi finora citati, il sistema operativo che va per la maggiore è quello basato sul Kernel Linux (Android come prima declinazione). Pertanto, a fare grandi affari, sono perlopiù i produttori di hardware, anche perchè i “sistemi operativi mainstream” si adatterebbero con difficoltà a questo tipo di macchine e farebbero lievitare i costi a causa delle licenze d’uso dello stesso software.
Ormai il solco è tracciato e in futuro ci saranno sempre più picoPC in vendita. Tanto più che si intravede già una sorta di standard, almeno per le dotazioni di input/output di tutte queste “scatolette”. Ogni picoPc ha infatti sicuramente due o più porte usb, una porta ethernet e una uscita HDMI. Le applicazioni che vanno per la maggiore sono quelle di media center, NAS (collegando un hard disk), trasformazione di vecchie tv in smartTv per navigare su Internet e ricezione di streaming audio/video online. Tutto questo con consumi energetici che si aggirano intorno ai 3 Watts (periferiche eslcuse).
Eppure occorre ricordare che ogni soluzione minimalista e a buon mercato come quelle elencate, rispetto ad esempio ad un tablet, ha il difetto di non essere un sistema “completo” e cioè ha bisogno di un monitor/tv, una tastiera, un mouse, una connessione ad internet e un paio di casse per funzionare sfruttando tutte le sue potenzialità. Si tratta però di un conflitto che potrebbe non sussistere quando invece gli stessi prodotti vengano messi in concorrenza con i pc assemblati di fascia super-economica.