Negli ultimi tre anni si è ampliato in modo consistente il differenziale di crescita del Pil tra Area euro e Stati Uniti: il tasso di crescita medio negli Usa è stato del 2,3%, nell’Eurozona di -0,1%.Le diverse politiche di bilancio forniscono un’importante spiegazione del divario tra le performance economiche: la politica statunitense è stata molto più espansiva di quella europea per tutta la durata della crisi. In aggiunta, il rientro del deficit, negli Stati Uniti, è stato avviato davvero solo una volta consolidata la ripresa, al contrario di ciò che è avvenuto nell’Eurozona.
Sebbene il differenziale di crescita del Pil dipenda anche da altri fattori (demografia, dinamica della produttività, diverso timing della risposta di politica monetaria), negli Stati Uniti è stato forte il contributo alla crescita del Pil della spesa pubblica, soprattutto nella fase iniziale della crisi: +53,1% a prezzi costanti nel 2010 rispetto al 2006, ultimo anno pre-crisi, pari a 13,6 punti di Pil.
Il parziale rientro del deficit, invece, è stato ottenuto mantenendo ferma la spesa reale e incassando maggiori entrate grazie alla ripresa dell’attività economica: +32,3% nel 2014 sul 2009 a prezzi costanti (di cui due terzi a partire dal 2012) ma mantenendo l’incidenza sul Pil al 33,3%, stesso livello dell’ultimo anno pre-crisi.
Al contrario, nell’Eurozona, l’incidenza delle entrate fiscali è cresciuta di 1,9 punti di Pil rispetto al 2007, ultimo anno pre-crisi. Straordinario è stato l’aumento della spesa sociale negli Stati Uniti: +72,0% nel 2013 sul2006, a prezzi costanti, più del doppio dell’Eurozona (+33,4% tra il 2014 e il 2007).
Secondo il Centro studi di Confindustria, se il Governo Usa avesse lasciato crescere spese ed entrate pubbliche al trend pre-crisi, il Pil americano sarebbe sceso di 2,4 punti percentuali in più l’anno nel triennio 2007-2009 e poi sarebbe salito di 2,2 punti l’anno in più nel triennio successivo. Peraltro, è probabile che il recupero sarebbe stato più lento e comunque incompleto rispetto a quello calcolato meccanicamente, perché la maggiore caduta del Pil avrebbe ridotto il potenziale di crescita Usa.
Nell’Eurozona, con l’esplodere della crisi dei debiti sovrani nel 2010, la scelta è stata di imporre l’aggiustamento dei conti pubblici: in questo modo i paesi della periferia euro, con i disavanzi e i debiti più cospicui, sono stati costretti a rientrare in modo repentino, contestuale e con enormi manovre correttive. Gelando quei germogli della ripresa che gli Usa hanno saputo proteggere.