L’industria manifatturiera italiana ha cominciato “a risalire la china” – la produzione è salita del 2,3% da settembre 2014 ad agosto 2015 –, ma “con un passo ancora lento e assai disomogeneo tra i suoi comparti” e tra le zone del Paese: il divario fra Nord e Sud si è ulteriormente allargato e in alcune zone del Mezzogiorno la produzione si è quasi dimezzata rispetto a 4 anni fa. Lo rileva il Centro studi di Confindustria nel rapporto “Scenari industriali” pubblicato oggi.
“Non si tratta di una falsa partenza simile alle molte che hanno punteggiato la lunga crisi – si legge nel documento -. Le prospettive rilevate dai dati e garantite dalle condizioni internazionali favorevoli e dalla politica di bilancio non più restrittiva sono di consolidamento e progressiva diffusione del recupero”.
L’Italia, “con fatica, è finalmente uscita dalla recessione – ha commentato il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi –. Sembra che anche i dati europei confermino che il miglioramento c’è e dovremmo vedere veramente l’uscita dal tunnel a breve”.
In termini di produzione, però, la differenza rispetto al picco pre-crisi è ancora del 24,4%. Le velocità di recupero sono assai diversificate a seconda dei settori: dal +70% dei motoveicoli al +15% di farmaceutica, bevande, abbigliamento, macchinari e attrezzature, dal +10% del mobili all’ulteriore calo del 3-4% di legno, prodotti di metallo, pelletteria e calzature”.
Secondo il Csc, inoltre, “la crisi ha aggravato la questione meridionale, acuendo il divario produttivo tra Nord e Sud. Sono arretrate maggiormente le produzioni manifatturiere là dove il tessuto industriale aveva una trama più rada e in misura minore dove era più compatto. La spiegazione è nel differenziale di addensamento e competenze che consentono di reagire in modo più o meno rapido ed efficace”.
D’altra parte, il CsC sottolinea anche che nel 2014 il tasso di investimento delle aziende italiane è stato del 22,2%, sui livelli degli Usa. La Germania, al contrario, insieme alla Francia e al Regno Unito si colloca in fondo alla classifica delle principali economie industrializzate, con un tasso di investimento nel 2014 dell’11,8%, un punto percentuale in meno rispetto al 2007 e oltre tre in meno rispetto al 2000.
Con il 35% delle imprese che hanno introdotto nel 2012 innovazione di processo, la manifattura italiana è ai primi posti in Europa insieme a Belgio (37%) e Finlandia (35%), avanti rispetto alla Germania (31%). La quota delle imprese che ha effettuato innovazione nei prodotti è pari al 32%, inferiore a quella tedesca (44%) ma molto più avanti di quella spagnola (14%) o inglese (28%) e su valori simili a quella francese. Resta bassa tuttavia la spesa in ricerca: 1% del fatturato nel 2012 come la Spagna e dietro Germania (3,2%) e Francia (2,8%).
Allegati: Scenari industriali n. 6_nov15.pdf