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Csc Confindustria, le imprese produttrici di export italiano di qualità: identikit e performance

Sono più di 13mila le imprese italiane manifatturiere che esportano prevalentemente prodotti del bello e ben fatto (imprese-BBF), cioè beni di consumo di fascia medio-alta dei settori tipici del made in Italy: abbigliamento, alimentare, arredamento e calzature.  Le imprese-BBF rappresentano un quinto del totale delle imprese manifatturiere esportatrici italiane, hanno una dimensione inferiore alla media di queste ultime e una vocazione internazionale superiore a quella delle imprese non-BBF. Nella crisi le imprese-BBF hanno diversificato maggiormente la produzione e ampliato la geografia delle loro esportazioni, ma il loro recupero è stato più lento di quello delle imprese non-BBF a causa della maggiore concentrazione delle loro vendite nei mercati maturi. Una motivazione in più per le imprese-BBF a espandersi nei paesi emergenti in cui l’allargamento della classe benestante offre un nuovo potenziale bacino di consumo.  

1. Le imprese esportatrici del bello e ben fatto: un identikit Le vendite all’estero di prodotti belli e ben fatti rappresentano un sottoinsieme del made in Italy, quantificabile in 51 miliardi di euro nel 2011, pari al 14% delle esportazioni manifatturiere totali italiane: il 36% di esse viene dall’alimentare, il 32% dall’abbigliamento e tessile casa, il 18% dai beni di arredo e il 14% dalle calzature.

Il 72% dell’export BBF è riconducibile alle imprese italiane manifatturiere che esportano prevalentemente prodotti belli e ben fatti (imprese-BBF), il restante 28% proviene da imprese che vendono all’estero principalmente beni non-BBF o da imprese commerciali. Le imprese-BBF italiane sono 13.130 e rappresentano l’80% delle imprese esportatrici appartenenti ai quattro settori citati e un quinto del totale delle imprese manifatturiere esportatrici italiane.

Di esse, l’89% è costituito da imprese micro e piccole (1-49 addetti), una percentuale di poco superiore a quella delle imprese esportatrici italiane (85,5%). La dimensione media aziendale è pari a 29,1 addetti, simile a quelle delle imprese non-BBF (30,4 addetti) ma sostanzialmente inferiore a quella del complesso delle imprese esportatrici italiane (38,7 addetti). Una impresa-BBF su due è localizzata in un distretto manifatturiero.

Le imprese-BBF hanno un’elevata vocazione internazionale: la propensione all’export è pari al 30%, tredici punti in più di quella delle imprese non-BBF classificate nei medesimi settori, ma inferiore di sei punti rispetto al totale delle imprese esportatrici. Ciascuna impresa-BBF esporta in media 12 prodotti in 9 paesi differenti, con una diversificazione di prodotto e di mercato superiore a quella delle imprese non-BBF. L’export di BBF è maggiormente concentrato nei mercati maturi: il 62,1% è destinato ai paesi avanzati, di cui quasi la metà solo in Germania e Francia, contro il 54,9% delle imprese non-BBF e il 52,3% del totale delle esportatrici. La quota di export BBF diretta nei nuovi mercati è del 16%, nove punti inferiore alla media di tutte le imprese esportatrici. In tutti i settori il primo nuovo mercato di sbocco è la Russia, con un peso che varia dal 7,5% nell’arredamento all’1,2% nell’alimentare.  

2 . La performance delle imprese-BBF nel post-crisi
Nel triennio 2009-2011 le imprese-BBF hanno diversificato ancor di più la produzione e ampliato la geografia delle esportazioni, ma il loro recupero è stato più lento di quello delle imprese non-BBF: il valore dell’export ha registrato un +24,6% dal primo semestre 2009 al secondo 2011 e un tasso di crescita medio annuo dell’8,2%, contro il +28,9% e il 9,6% annuo (Grafico A); le aziende-BBF sono state anche meno dinamiche della media delle imprese esportatrici italiane (+29,7% e 13,3% annuo). 

La dinamica di recupero più lenta deriva dalla più elevata concentrazione delle vendite delle imprese-BBF nei mercati maturi, che dal 2009 al 2011 hanno sperimentato le maggiori difficoltà nella domanda interna. Inoltre, i consumatori dei paesi avanzati hanno ribilanciato la spesa verso beni più economici. 

Ciò è un’ulteriore motivazione per le imprese italiane a espandersi nel mondo emergente, in cui si fa sempre più largo una classe benestante che, affrancata dalla sussistenza e dall’ansia per la stabilità futura del reddito, è pronta a comprare beni di qualità e capaci di dare emozione. È il caso del made in Italy, i cui prodotti già oggi affermano il proprio valore nei nuovi mercati, rappresentando per i consumatori uno status, grazie alla forza dei marchi italiani, e permettendo loro di condividere anche da lontano l’immaginario di storia, cultura, arte e qualità della vita italiane che questi prodotti richiamano.

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