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Croazia nell’UE: opportunità riformiste da non mancare

Secondo i dati pubblicati da Intesa Sanpaolo, la Croazia non è ancora uscita dalla recessione in cui è entrata nel 2009 (-6%), visto che un’ulteriore caduta si è verificata nel corso del 2012 (-2%) e nel primo trimestre di quest’anno (-1,5%), prevalentemente a caua della debole domanda interna che grava in particolare su industria (-6,5%) e agricoltura (-6,2%). Il calo dei consumi privati ha infatti sottratto 1,8% alla dinamica del pil per via delle difficili condizioni sul mercato del lavoro, con il tasso di disoccupazione prossimo al 20% e il trend negativo dei salari reali (-2,3%). Negativo è stato anche il contributo alla crescita fornito dalla domanda di investimenti la cui variazione, benché in miglioramento se confrontata con l’anno precedente, è stata ancora di -4,6%. L’aggiustamento del bilancio pubblico ha a sua volta determinato una contrazione dei consumi pubblici dello 0,8% in termini reali che si è riflessa in -0,2% del pil. A causa della forte caduta delle importazioni e la crescita, seppur lieve, dell’export, il saldo commerciale netto è stata l’unica voce della contabilità nazionale che ha fornito un contributo positivo alla dinamica economica.

I più recenti dati congiunturali evidenziano un percorso ancora incerto dell’economia., visto che, nonostante un graduale miglioramento, per l’intero 2013 la dinamica del pil resterà ancora in territorio negativo (-0,9%). Il parziale recupero dell’economia sarà favorito, oltre che dal rafforzamento dell’export nella seconda metà dell’anno, dal contributo proveniente dagli investimenti, grazie anche ai finanziamenti per le infrastrutture resi disponibili dal fondo UE con l’ingresso della Croazia nell’UE, la cui incidenza sarà tuttavia ancora contenuta nel breve termine ma più accentuata il prossimo anno. E’ vista ancora negativa, ma in miglioramento, la domanda per consumi privati, grazie ad un atteso miglioramento nel mercato del lavoro, mentre a causa del consolidamento fiscale i consumi pubblici potrebbero arretrare ancora. Si prevede che il rafforzamento dell’economia possa proseguire nel 2014 con una dinamica del PIL in territorio positivo (1%). In questa prospettiva, la debole domanda interna agirà come calmiere dell’inflazione, previsto in media intorno a 2,8% nel 2013 e 2,3% nel 2014, grazie anche alle modeste pressioni esterne derivanti da una dinamica dei prezzi del petrolio attesa rimanere contenuta.

Nel 2012, il deficit pubblico è sceso al 3,8% del PIL dal 5,7% del 2011. Nonostante le condizioni economiche sfavorevoli, la politica fiscale restrittiva ha contenuto il deterioramento del bilancio pubblico nel 2012. Le previsioni di crescita del PIL formulate dal Governo appaiono tuttavia piuttosto ottimistiche e la Commissione Europea, che prevede una contrazione di 1% del PIL, ritiene che il deficit pubblico possa essere del 4,7% quest’anno a causa delle avverse condizioni economiche, nonostante le misure fiscali che l’autorità di governo ha definito nella revisione del bilancio dello scorso 21 marzo. La CE prevede che, a legislazione invariata, il deficit possa salire al 5,6% nel 2014. Il paese dovrà quindi adottare una politica fiscale più incisiva per aggiustare il bilancio pubblico ed evitare l’apertura di una procedura per deficit eccessivo.

In questo scenario, il debito pubblico è ammontato a 56,3% nel 2012. Date le prospettive per il deficit e la debole dinamica economica, la CE prevede che il rapporto debito e pil possa aumentare ancora fino al 58% nel 2013 e superare il 60% nel 2014. Il rapporto tra le riserve ufficiali e il solo debito estero a breve termine è previsto superiore all’unità nel 2013, ma il reserve cover ratio, vale a dire il rapporto tra le riserve in valuta al 2012 e il fabbisogno finanziario estero per l’anno in corso (somma del disavanzo di parte corrente e degli impegni per debito estero in scadenza) è stimato inferiore all’unità. Per soddisfare il fabbisogno finanziario, dovuto prevalentemente al rimborso del debito estero che si è accumulato negli anni superando il 100% del pil, il paese resta vulnerabile alla disponibilità di finanziamenti esterni, siano essi nella forma di rinnovato debito, che di afflussi di capitali per investimenti.

L’ingresso della Croazia nella UE si prevede potenzierà la crescita economica del paese nel medio lungo periodo grazie ai maggiori afflussi di capitali dagli altri membri della UE, potenziandone le infrastrutture anche grazie ai trasferimenti in conto capitale tramite i fondi comunitari. L’adozione delle necessarie riforme strutturali in termini di stabilità macroeconomica e riassetto delle strategie produttive potrebbe così favorire il superamento di alcuni dei punti di debolezza presenti nell’architettura del sistema economico e istituzionale croato, dove è lo squilibrio nei confronti dell’estero, con l’indebitamento estero ormai oltre il 110% del pil nel 2012, a rappresentare il più pericoloso elemento di vulnerabilità. Iniziando a correggere un disavanzo pubblico stimato dalla CE a oltre 4% nel corso del 2013.

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