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Croazia, la crescita è ripartita dall’export (+2,3% nel 2016)

Come evidezia  un recente report del Centro Studi Intesa Sanpaolo, dal 2008 al 2014 la Croazia ha perso circa il 13% del PIL con il settore industriale contrattosi del 26% circa e quello dei servizi di oltre il 7,0%. Solo al termine del 2014 il Paese ha dato segni di un seppur timido recupero con la dinamica tendenziale del PIL a 0,2% e poi in rafforzamento nel corso del 2015 (+1,6%). Il recupero economico è partito dalla domanda estera, con il successivo rafforzamento della fase ciclica grazie alla domanda interna per consumi privati (+0,7%), favorita dalla riduzione del tasso di disoccupazione (sceso al 17%), e grazie alla domanda per investimenti (+0,3%).

Le condizioni favorevoli per la crescita dei consumi privati e degli investimenti sono proseguite e nel corso del primo semestre 2016 il PIL è cresciuto del 2,7%. E, per effetto della caduta dei prezzi al consumo, il reddito reale delle famiglie è aumentato di circa il 3,7%. Allo stesso tempo, il tasso di disoccupazione è calato fino al 13% registrato a settembre. Nello stesso periodo la produzione industriale è rimasta su un trend positivo (+1,8%) trainata dal manifatturiero (+3,5%), mentre l’export si è contratto del 2,7%. Tuttavia l’Economic Sentiment Indicator a settembre è rimasto intorno ai massimi da inizio anno. Complessivamente, per l’anno appena conclusosi gli analisti riscontrano una crescita del PIL a +2,3%, con una dinamica economica intorno al 2,0% tendenziale nel secondo semestre: un ritmo di crescita che si ritiene sarà sostanzialmente mantenuto anche nel corso del 2017, per il quale si prevede un’espansione del PIL intorno al +2,1%.

I consumi privati e gli investimenti saranno ancora le componenti della domanda a fornire i maggiori contributi alla crescita economica (per entrambi circa +1,2%), mentre l’export netto sottrarrà lo 0,2% alla dinamica del PIL a causa della crescita delle importazioni. La spesa pubblica continuerà a dare un modesto contributo (0,1%) per via della politica fiscale orientata al consolidamento dei conti pubblici e un deficit in linea con i parametri di Maastricht. Dal lato dell’offerta, il settore industriale, e in particolare quei comparti maggiormente orientati all’export come il manifatturiero, si prevede sosterrà la crescita (+1,2%). Anche il settore dei servizi, che dal 2015 è tornato a crescere (+1,2%), potrà contribuire alla dinamica del PIL nel corso del 2017 (+1,1%).

La deflazione è proseguita a settembre (-0,9%) portando il tasso di variazione medio da inizio 2016 a -1,4%. Sulla dinamica dei prezzi al consumo sta incidendo la bassa inflazione dei prezzi internazionali dell’energia che, seppure in ripresa, si sta prolungando oltre le attese. Gli analisti prevedono che la dinamica dei prezzi al consumo resterà comunque moderata sebbene la deflazione potrebbe terminare quest’anno (tasso di inflazione atteso allo 0,6%) con il progressivo recupero dell’economia e dunque con pressioni al rialzo sui prezzi al consumo.
Dal 2009 e fino al 2014 la percentuale di deficit pubblico sul PIL si è attestata su valori superiori al 5,0% a causa della crescita ridotta e della spesa per trasferimenti alle imprese pubbliche che durante la crisi economica hanno avuto necessità di sostegno finanziario. In seguito, nel 2014 il debito pubblico è cresciuto fino all’86,5% (era inferiore al 50% nel 2008) per poi assestarsi nel 2015 (86,7%) quando il deficit di bilancio è stato del 3,2%. La Croazia è nella procedura di deficit eccessivo aperta a gennaio 2014, con la quale le Autorità centrali europee hanno raccomandato al Paese di ridurre il deficit al 2,7% entro il 2016 e poi al 2,0% nel 2017. L’azione del Governo ha sinora dato buoni risultati, tanto che secondo le previsioni degli analisti il deficit quest’anno sarà circa pari a 1,8% del PIL e il debito pubblico potrebbe dunque ridursi all’84% del PIL nel 2017. Ecco allora che, con un disavanzo inferiore al 2,0% del PIL, e nell’ipotesi di una solida crescita del PIL nominale nel lungo periodo pari a 4,8%, il debito pubblico potrebbe in parte correggersi e convergere al parametro di Maastricht stabilizzandosi al 60% del PIL.
Il saldo di Conto Corrente è passato in segno positivo nel 2013 (1,0% del PIL) ed è migliorato nei due anni successivi fino ad arrivare al 5% del PIL nel 2015, aggiustamento in gran parte dovuto a una riduzione delle importazioni, oltre che all’aumento dell’export. Ma ora con il rafforzamento della domanda interna è previsto un aumento della domanda, quindi in prospettiva il saldo corrente potrebbe tornare a calare, e già da quest’anno gli analisti prevedono un netto ridimensionamento dell’avanzo corrente che tenderà a 1,5%. Tuttavia, al momento non emergono particolari criticità nei principali indicatori di liquidità internazionale del Paese.
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