La crisi di Governo è la cartina di tornasole non solo degli orientamenti delle forze politiche, ma anche di quelli degli imprenditori e dei manager. Al di là degli interessi che legittimamente difendono, c’è chi ha a cuore il futuro del Paese e chi liscia solo il pelo ai populisti di turno. Di questa diversità di pareri sono uno specchio eloquente due interviste pubblicate sul Corriere della Sera di oggi: una al presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, e l’altra al vicepresidente della Lavazza, Giuseppe Lavazza.
Confalonieri sbanda su Draghi e la guerra e fa l’endorsement a Meloni
Confalonieri si professa filoleghista di tendenza bossiana e infatti non perde l’occasione per rispolverare le più trite litanie dell’arsenale leghista, sia pure della prima ora, come quella secondo cui “l’unità d’Italia è stata un errore”. Se questi sono i presupposti del Confalonieri-pensiero, non stupisce dove il presidente di Mediaset vada a parare: un attacco alla linea del premier Draghi sulla guerra e sulla fornitura di armi all’Ucraina e la calda raccomandazione al suo patron, Silvio Berlusconi, a sostenere Giorgia Meloni, perché “è lei che può riportare il centrodestra a Palazzo Chigi”, anche se “da ragazza era un po’ fascistina”.
E dire che Confalonieri, per molti anni, è stato considerato una colomba dell’entourage berlusconiano. Ora populismo e provincialismo sembrano diventati i suoi ingredienti preferiti. Come quando parla di Draghi: “Meglio che resti a Palazzo Chigi: certo, non è bello che un Paese sia commissariato, ma è il destino di chi ha troppi debiti. Non mi piace la linea di Draghi sulla guerra, sulle armi. Noi siamo un popolo di santi e di navigatori e non di guerrieri. E le sanzioni (contro la Russia) indeboliscono noi”.
Insomma, gratta gratta, sotto il filoleghismo sbuca un sentiment pro-Putin, come in Berlusconi, anche se Confalonieri è sufficientemente scafato per “condannare” l’aggressione all’Ucraina.
Lavazza: l’Italia ha bisogno di una sponda sicura come quella di Draghi
Di tutt’altro spessore invece l’intervista sul quotidiano milanese di Giuseppe Lavazza, vicepresidente con il cugino Marco della multinazionale piemontese del caffè, che si unisce al coro di chi chiede a Mario Draghi di restare alla guida del Governo: “Mai come in questo momento di forte instabilità sui mercati, è necessario che porti a termine i suoi compiti e, in un contesto incerto, abbiamo bisogno di un sponda sicura nel Paese”. Quella di Mario Draghi, che, sostiene Lavazza, “ci ha sorpresi nella rapidità di esecuzione – rara nel settore pubblico – e nella forte disciplina nel metodo di governo. Non c’è tempo da perdere – dice l’imprenditore piemontese – e priorità al lavoro per i giovani”.
Lavazza ovviamente non perde d’occhio gli interessi aziendali (“il prezzo del caffè corre e poi c’è la logistica”), ma li colloca in una cornice che li armonizza con gli interessi generali del Paese. Quelli di cui non c’è invece seria traccia nelle parole di Confalonieri. Due imprenditori, due stili e due sensibilità completamente diverse.