“La Germania, la Grecia e l’Europa stanno facendo il gioco del pollo, quello che ricordiamo nel film ‘Gioventù bruciata’. In questo gioco due soggetti si lanciano a cento all’ora contro un muro. Chi frena per primo è il pollo e l’altro vince la gara. Ma andando avanti così c’è il rischio che a schiantarsi contro quel muro sia l’euro e l’Unione europea”. Sergio De Nardis, chief economist di Nomisma, ricorre alla teoria dei giochi per fotografare la situazione attuale. Purtroppo però quella che stiamo vedendo non è una fiction, è una storia reale e in ballo c’è il futuro di molti milioni di persone. Nomisma sta studiando in queste settimane possibili strategie di rilancio per l’Italia, ma in questo contesto ogni riflessione economica cede il passo a una finanza che domina la scena e tiene il banco.
Professore cosa si può fare uscire da questa situazione?
In questo gioco purtroppo manca un coordinatore superiore che eviti le catastrofi. I mercati oggi reagiscono in tempi rapidissimi a misure che giudicano insufficienti e tardive, come quella per le banche spagnole. Si tratta di un intervento tampone, atteso e dovuto, che lascia l’intero contesto invariato e non risolve i nodi della debolezza dell’euro. Ci vuole ben altro per convincerli. In primo luogo l’unione bancaria con assicurazione sui depositi, quindi l’unione fiscale, ossia gli eurobond e poi dei meccanismi che portino in equilibrio l’Europa. Oggi la Germania ha un surplus commerciale a fronte di altri paesi europei che hanno un deficit commerciale e stanno pagando pegno solo i paesi in deficit. E’ indispensabile un riequilibrio di questa situazione.
Come si può fare?
Bisogna ridurre le politiche deflazionistiche in corso da anni, perché producono economie depresse e disoccupazione, soprattutto fra i giovani e i non occupati di lunga durata. Oggi la media inflazionistica della UE è il 2% ed è il frutto del 3% in Germania e dello 0% in paesi come Italia, Spagna, Grecia, Portogallo o Irlanda. La Germania dovrebbe accettare un’inflazione al 4%, che non è culturalmente facile da digerire per i tedeschi, in modo che gli altri paesi salgano all’1% e la media europea resti al 3% per qualche anno.
La Germania trae un tornaconto da questa situazione?
I tedeschi hanno due vantaggi. Il primo è arrivato insieme all’euro ed è il cambio fisso. Nel contesto attuale il marco si apprezzerebbe sulle altre monete europee e i paesi concorrenti godrebbero della svalutazione competitiva. Invece siamo tutti nella stessa moneta e le mani sono legate. E’ indubbio che la Germania dopo l’unificazione abbia fatto una serie di scelte giuste, perché all’indomani della caduta del muro era il malato d’Europa. Ha compiuto un grande sforzo, concentrandosi sul manifatturiero e ha creato una ricchezza che non ha distribuito sui salari. E’ vero che questi sono più alti dei nostri, ma sono più bassi di quanto potrebbero se venisse riconosciuto al lavoratori un premio di produttività. Evidentemente c’è un accordo con le parti sociali su questo punto. A questa situazione si aggiunge il grandissimo vantaggio di una moneta debole, l’euro, che mette il turbo alle esportazioni tedesche.
Questa analisi dimostra anche che la fine dell’euro danneggerebbe la Germania…
Si, infatti. Ma la popolazione non se ne rende conto, il cittadino tedesco non guarda oltre la fase attuale. Benché la Germania, se l’euro finisse, pagherebbe pegno anche con le banche, perché è esposta in Grecia, Spagna e Italia.
E allora?
Allora fa il gioco del pollo, ci porta fino al baratro, convinta di poterci sempre salvare prima che precipitiamo. Questo, pensa, ci costringe a quei comportamenti virtuosi che altrimenti non rispettiamo. In realtà l’unico paese che non ha rispettato gli impegni è la Grecia, che ha alterato i conti. Noi ci siamo comportati piuttosto bene e fino al 2007 siamo anche riusciti a migliorare il rapporto debito/pil, forse meno di quanto avremmo potuto, ma ci siamo riusciti. Poi è arrivata la crisi mondiale e il debito ha ricominciato a crescere.
Insomma la Germania sarebbe una madre severa, ma pur sempre madre?
Ma anche le madri possono sbagliare, può esserci un punto di non ritorno in questo gioco e il terreno può franare sotto ai nostri piedi, quando la mamma tedesca non se lo aspetta o non può più fare nulla. C’è invece chi pensa che la Merkel veda solo l’orizzonte elettorale e non si ponga altri problemi che la crescita del consenso interno.
Torniamo al punto di partenza, cosa si può fare?
C’è un’altra cosa che dobbiamo chiederci: perché i mercati hanno attaccato la Spagna, che ha un rapporto debito/pil inferiore a quello della Gran Bretagna? Perché gli inglesi sono fuori dall’euro e la banca centrale può stampare moneta. Gli speculatori non puntano sulla sterlina, perché la Gran Bretagna può mettere sul mercato liquidità. Basta che minacci un’emissione di liquidità perché gli speculatori si ritirino. La cosa più importante da fare allora, oltre a quanto ho già detto, è una modifica del ruolo della Bce, che diventi prestatore di ultima istanza. La Bce deve porsi l’obiettivo di abbassare i tassi di interesse di Spagna e Italia e acquistare titoli sul mercato secondario. Lo ha già fatto, ma sempre come misura eccezionale, da non ripetere. Invece deve essere un comportamento normale, in modo che gli operatori sappiano che speculare su quei titoli non è vantaggioso.
Quanto scommetterebbe sull’euro?
E’ difficile rispondere. Il cuore più della testa, mi porta a credere nell’euro. E’ una constatazione, perché tutti i miei risparmi sono qui, nei classici Btp, quindi, in fondo al cuore, voglio credere che ce la farà.