Nel primo trimestre di quest’anno le attività in cripto-valute nel nostro Paese sono un po’ calate, anche per effetto del crollo delle quotazioni, ma gli italiani che vi investono sono almeno 690 mila per un controvalore che supera il miliardo di euro. A segnalarlo è il recentissimo Rapporto dell’OAM, l’Organismo di agenti e mediatori che dall’anno scorso gestisce un registro specifico dedicato agli operatori in asset virtuali con tutti gli obblighi che questo comporta.
Due dati colpiscono più degli altri: il primo dice che l’Italia è il secondo tra i maggiori Paesi europei per attività in cripto-valute e il secondo aspetto che spicca è che le monete virtuali attraggono soprattutto gli under 40, i più affascinati e illusi di arricchirsi velocemente malgrado i fortissimi rischi, la grandissima volatilità e la scarsissima trasparenza delle cripto. Dei 690 mila italiani (ma il dato, secondo Il Sole 24 Ore, è verosimilmente sottostimato) che detengono monete virtuali il 65% ha meno di 40 anni e solo il 5% ha più di 60 anni. Ci sono perfino 14 minorenni. Eppure la Banca d’Italia non si è mai risparmiata nel lanciare allarmi e nello scoraggiare in tutti i modi l’uso inconsapevole e disinvolto delle cripto. Sono ricorrenti gli inviti di Via Nazionale alle banche e agli altri intermediari vigilati ma anche ai cittadini a prestare molta attenzione e a non incentivare in nessun modo l’uso di cripto-valute perché “sono strumenti rischiosi e speculativi e non adatti per la maggior parte dei consumatori né come investimento n é come mezzo di pagamento”. “La volatilità dei prezzi, le crisi degli operatori del settore, i furti, le truffe, gli incidenti informatici e la scarsa trasparenza – è stato uno dei più recenti avvertimenti della Banca d’Italia – sollevano preoccupazioni ed espongono a rischi tutti i soggetti coinvolti in questo mercato”. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Cripto giù dalla torre.