Le criptovalute “sono pura finzione, non avendo nessuna funzione monetaria, nessun emettitore riconosciuto e responsabile né, tranne in alcuni casi, attività “vere” sottostanti. Sono strumenti speculativi che sfruttano il cosiddetto “effetto gregge”: il mio vicino di casa le ha comprate e le ha subito rivendute al doppio, perché non posso farlo anch’io”. O, per dirla in altri termini, “sono le fiches di un gigantesco gioco d’azzardo”. E’ durissimo il giudizio sulle criptovalute di Salvatore Rossi, una lunga carriera in Banca d’Italia di cui è stato Direttore generale, come emerge da questa intervista che ha rilasciato a FIRSTonline. Ma le cose potrebbero andare peggio se si dovesse realizzare il piano Trump sulle cripto, un “piano scombinato e a stento comprensibile” che “finirà male” ma che rischia di creare “danni ingenti per tutto il mondo”. Per questo l’Italia e l’Europa non devono farsi sedurre “dagli eventuali sviluppi legislativi e regolamentari d’oltreoceano” ma “tenere la barra dritta”. Rossi ne è assolutamente convinto e la sua intervista di Rossi ci spiega come.
Con il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump, che nella sua prima presidenza aveva definito il Bitcoin “una truffa”, sembra iniziare una nuova era per le criptovalute sia perché il Presidente americano promette una spiccata deregulation sia perché vorrebbe fare dell’America la capitale mondiale delle cripto: che effetti può avere uno tsunami del genere e quali sono i principali rischi che corriamo?
“Fra le tante sparate del nuovo presidente degli Stati Uniti d’America, molte delle quali hanno preso la forma di “ordini esecutivi” firmati nei primi giorni del suo mandato, ve n’è una che è stata considerata secondaria dalla più parte degli osservatori, riguardante le cosiddette criptovalute. Mi fa piacere che FIRSTonline se ne stia occupando, perché è una questione seria e molto rischiosa. Trump ha ordinato la creazione di un gruppo di lavoro incaricato di proporre nuove regole sulle attività finanziarie digitali (in parole povere, di deregolamentare totalmente il mercato delle criptovalute) e di esplorare la costituzione di riserve nazionali in criptovalute. Durante la campagna elettorale a un certo punto Trump asserì che intendeva essere ‘the crypto president'”.
E ora?
“Ora sta dando seguito a quell’annuncio. Al suo attivismo (anche) in questo campo non è estranea la lobby delle aziende che fabbricano e vendono prodotti cripto, ma esso rientra in pieno in quella pseudo ideologia, che gli è propria, di laissez-faire estremo in economia, di abbattimento di tutte le regole che possano infastidire gli imprenditori, di riduzione del settore pubblico e delle politiche pubbliche al minimo. Le criptovalute, nate una quindicina d’anni fa da Bitcoin – uno strano oggetto funzionale a un progetto che si occupava di tutt’altro – si sono moltiplicate, sono oggi svariate centinaia e vengono create da innumerevoli soggetti privati. Devono il loro nome al fatto di recare un marchingegno crittografico che garantisce al possessore l’anonimato assoluto, più delle banconote. Sono pura finzione, non avendo nessuna funzione monetaria, nessun emettitore riconosciuto e responsabile né, tranne alcuni casi, attività ‘vere’ sottostanti”.
Quindi è pura speculazione?
“Si, sono strumenti speculativi che sfruttano il cosiddetto ‘effetto gregge’: il mio vicino di casa le ha comprate e le ha subito rivendute al doppio, perché non posso farlo anch’io? Peccato che il loro valore di mercato oscilli paurosamente: quando crolla, trascina nella rovina un sacco di malcapitati. Le criptovalute ambirebbero anche a essere un mezzo di pagamento, ma non avendo corso legale chi le riceve in pagamento dev’essere fiducioso di poterle a sua volta rifilare a qualcun altro, il che ne ha fino a ora molto limitato questo utilizzo, a parte i circuiti criminali (compravendita di droga e di armi, riscatti, ricatti, eccetera) in cui l’anonimato è valore supremo. Se il progetto dell’amministrazione Trump prendesse piede, risparmiatori e consumatori verrebbero esposti a rischi gravissimi e l’intero sistema finanziario precipiterebbe nella instabilità cronica. Possiamo confidare che quella del presidente americano sia solo, appunto, una sparata, ma si sta rafforzando in molti il sospetto che Trump stia trasformando in fatti tutti i proclami elettorali, anche i più assurdi”.
Trump è infatti già passato dalle parole ai fatti e lo scorso 6 marzo ha firmato un ordine esecutivo che istituisce una “riserva strategica di Bitcoin” e una seconda contenente altre criptovalute. Entrambe saranno capitalizzate con criptomonete confiscate nel corso di procedimenti penali o civili. Un piano del genere è davvero realizzabile e quali potrebbero essere le sue conseguenze?
“Mi sembra un piano scombinato e a stento comprensibile. Dubito molto che sia realizzabile almeno nei modi annunciati. Le sue conseguenze, ammesso che effettivamente si proceda, sono imprevedibili in ragione della sua insensatezza e comunque non vedo nessun effetto positivo, né per gli Stati Uniti né per il resto del mondo”.
Con altri ordini esecutivi Trump ha precedentemente bannato negli Usa qualsiasi forma di moneta digitale emessa dalle banche centrali, euro digitale compreso. Quali implicazioni potrebbe avere questa mossa per la stabilità finanziaria?
“Molte banche centrali, inclusa la Banca centrale europea, stanno studiando da tempo la possibilità di emettere valute digitali. Lo fanno come alternativa alle banconote cartacee, il cui uso si va riducendo e appare destinato, in prospettiva, a sparire. Non è una decisione semplice, le banconote giungono al pubblico attraverso il sistema bancario, che in tal modo è, dal punto di vista della banca centrale, il mezzo di trasmissione principale della propria politica monetaria. Per una banca centrale digitalizzare la propria valuta vuol dire dotare un qualunque cittadino di un wallet presso sé stessa e riversare su di esso il denaro a cui quel cittadino ha diritto, per conto di chi deve versarlo, che si vedrà decurtato di altrettanto il proprio wallet. Per non spiazzare del tutto le banche la Bce sta ad esempio pensando a limiti di vario tipo. Ma tutto questo ha poco a che vedere con le criptovalute. Se gli Stati Uniti vieteranno il dollaro digitale ufficiale col malinteso obiettivo di favorire le criptovalute compiranno un gesto autolesionistico, isolando il mercato monetario americano da quello del resto del mondo”.
Il presidente americano sta agendo anche da solo: da un lato, secondo il Wsj, la sua famiglia sarebbe in trattative per acquisire una partecipazione di Binance, società che tra l’altro si è dichiarata colpevole di violazione dei requisiti antiriciclaggio, dall’altro ha lanciato un suo memecoin che ha guadagnato 350 milioni di dollari, facendo però perdere agli investitori oltre 2 miliardi. Non trova che ci sia un enorme conflitto di interesse tra le sue azioni di imprenditore e quelle di presidente?
“Certo, ma che vuole che importi a Trump e ai suoi sodali ed elettori? L’espressione ‘conflitto d’interessi’ è da loro attribuita alla maligna volontà degli oppositori di ribaltare il risultato elettorale con cavilli giuridici. Noi italiani conosciamo già questo tipo di obiezione. Anzi, Trump impegnando risorse proprie e della sua famiglia mostra di credere fino in fondo nel progetto di far uscire le criptovalute dalla zona grigia in cui sono ancora confinate. Che lui sia un imprenditore è ciò che sostiene per accreditarsi proprio come politico e uomo di governo: faccio soldi io, li faccio fare a tutti gli americani! Finirà male, ma intanto i danni per tutto il mondo saranno ingenti”.
Di fronte agli effetti destabilizzanti della cripto-strategy di Trump che cosa può fare l’Europa, e con essa l’Italia, per fronteggiare e minimizzare i pericoli?
“Tenere la barra dritta. Non farsi condizionare dagli eventuali sviluppi legislativi e regolamentari oltreoceano. Proseguire negli sforzi tesi a regolare il fenomeno delle criptovalute, oggettivamente dannoso per la collettività, in un modo equilibrato. Non sarà facile, perché l’attrattiva di qualunque gioco d’azzardo, e le criptovalute sono le fiches di un gigantesco gioco d’azzardo, è grande per molti. Non lo si può vietare del tutto dirigisticamente, sarebbe controproducente: scommettere rischiando fa parte della natura umana; le autorità pubbliche possono però pretendere che chi scommette sia perfettamente consapevole dei rischi che corre e che gli inconsapevoli non vengano truffati”.
Se perfino Intesa Sanpaolo, la principale banca italiana, crea una task force per seguire da vicino il fenomeno cripto, pur avvertendo che non è un investimento consigliabile per le famiglie, bisogna prendere atto che il Bitcoin, e più in generale le cripto, sono il futuro? Basta demonizzarle o tutto si gioca sulla regolamentazione e di che tipo dovrebbe essere per risultare realmente efficace?
“Non si tratta di demonizzare le criptovalute ma di spiegarne bene la natura. Non sono il futuro, vengono dal passato, dalla storia millenaria di tutte le “bolle” finanziarie che prima o poi scoppiano. Come si è fatto con tutte le bolle del passato, bisogna naturalmente studiarle, perché possono assumere aspetti sempre nuovi. Le criptovalute hanno un aspetto fortemente tecnologico e quindi moderno, anche se questo non ne altera la natura puramente speculativa”.
Pur nella sua rischiosità, ci sono aspetti del Bitcoin che meritano di essere salvati come la tecnologia sottostante e la blockchain? E cosa pensa delle altre tipologie di criptovalute come memecoin o stablecoin?
“I Bitcoin, come accennavo prima, sono stati inventati anni fa per fungere da premio finanziario ai possessori di grandi server a cui si chiedeva di cooperare al progetto di un grande registro distribuito planetario basato sulla tecnologia blockchain, pure inventata per l’occasione. Un progetto anarchico e visionario, poi abbandonato. Ma la tecnologia blockchain era geniale ed è sopravvissuta prendendo molteplici strade e dando luogo a tanti utilizzi. Gli stablecoin sono tentativi di creare criptovalute che abbiano qualche ancoraggio ad attività reali come valute ufficiali, per questo stabilizzando il loro valore di mercato. Ma se voglio soltanto investire i miei risparmi non si capisce perché mi debba comprare uno stablecoin equivalente a un euro e non direttamente un euro. I memecoin sono uno scherzo, legati come sono a un’immagine, una foto, un fumetto. Uno scherzo che può rivelarsi amarissimo per chi ci casca”.