Con la Fed avviata ad alzare i tassi a dicembre e ad agevolare un’ulteriore normalizzazione della politica nel 2016, Credit Suisse si chiede cosa implicherebbe un contesto di tassi Usa al rialzo per le classi di attivi più in generale. La risposta a questa domanda arriva guardando innanzitutto all’impatto di un movimento ipotetico di 100 pb nei tassi a 2 anni sulle diverse classi di attivi, e ipotizzando che altri fattori determinanti delle classi di attivi restino costanti.
Man mano che ci avviciniamo al 2016 e con un rialzo dei tassi Usa che riflette in definitiva un miglioramento delle dinamiche di crescita negli Stati Uniti, gli investitori potrebbero volersi concentrare sull’acquisizione di un’esposizione a tale «premio sulla crescita».
Ciò è destinato a influenzare non solo gli asset statunitensi ma anche ad estendersi al di fuori degli Usa, dato che gli attivi esteri finiscono per cogliere la maggiore esposizione alla crescita Usa. Infatti gli analisti di Credit Suisse ritengono che le azioni (dei mercati sia sviluppati che emergenti) reagiscano positivamente al rialzo dei tassi Usa e dunque possano offrire una preziosa esposizione a tale premio sulla crescita.
In tal senso i titoli azionari dovrebbero continuare a sovraperformare le obbligazioni in un contesto successivo a un rialzo dei tassi della Fed. D’altro canto, i rendimenti dell’oro tendono a diminuire, con i prezzi del metallo giallo che reagiscono negativamente al rialzo dei rendimenti, riflettendo i maggiori costi di opportunità medi insiti nella detenzione di un attivo che non frutta tassi di interesse (riflettendo così una correlazione negativa con un premio sulla crescita).