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Covid tartassa l’industria e i servizi: l’auto la più colpita

Imagoeconomica

Il Covid in Europa ha colpito duramente il settore auto, quello aerospaziale, il tessile, la ristorazione, l’edilizia, mentre comparti come l’industria sanitaria e l’alimentare ne sono usciti indenni se non addirittura rafforzati. E’ la radiografia dello studio dell’impatto della pandemia sulle industrie richiesto dalla commissione Industria del parlamento europeo.
L’impatto più pesante è stato sull‘industria automobilistica che nella prima metà del 2020 nell’UE ha subito perdite di produzione di 3,6 milioni di veicoli, il che riflette una perdita di 100 miliardi di euro. La pandemia ha colpito più di 1,1 milioni di posti di lavoro direttamente a causa della chiusura degli stabilimenti tra marzo e maggio. Il numero di persone che lavorano attivamente negli stabilimenti è stato notevolmente ridotto. Oltre ai lavoratori licenziati, molti sono stati riassunti con contratti a breve termine.

In tutti gli Stati membri dell’UE, le fabbriche automobilistiche sono state chiuse per una media di 30 giorni, con i tempi di fermo più brevi in Svezia (15 giorni) e i più lunghi in Italia (41 giorni). Chiusura da noi più lunga motivata – spiegano alla Fiom Cgil – da due fattori: 1) la coincidenza col dcpm sul lockdown che annoverava tra le attività non essenziali il settore auto, e dunque la chiusura di tutti gli stabilimenti di produzione e 2) la politica di tutela della salute dei lavoratori. Altro settore pesantemente colpito è quello aerospaziale. Tra gennaio e giugno 2020, il numero di aeromobili a terra in Europa è aumentato complessivamente dell’80% rispetto all’anno precedente, facendo dell’Europa la regione con le peggiori tendenze mondiali.

Nel 2020 sono stati persi circa 191mila posti di lavoro diretti per l’intera industria europea, si calcola un totale di 56,2 miliardi di euro di perdite nette per compagnie aeree, aeroporti e fornitori di servizi di navigazione aerea. Causa chiusura dei negozi e blocco alle importazioni di materie prime, un altro settore colpito è quello tessile: la produzione e le vendite al dettaglio sono diminuite rispettivamente del 15% e del 9,4% per l’abbigliamento e del 7% e del 9,7% per il tessile. Il fatturato complessivo del settore dovrebbe riprendersi di circa il 15% quest’anno (con un potenziale recupero della spesa dei consumatori), ma non si prevede che torni ai livelli pre-crisi fino al terzo trimestre del 2023, nell’ipotesi di un progressivo allentamento della emergenza sanitaria e consistenti misure di sostegno all’economia. Ovviamente giù anche il settore turistico-alberghiero, per via delle strutture che hanno dovuto chiudere i battenti per decisioni della autorità locali e nazionali.

Difficoltà anche per il settore edile. La situazione nell’UE è molto varia. In alcuni Stati membri è stato possibile continuare l’attività più o meno come prima (ad esempio in Germania), mentre in alcuni paesi (come Italia, Spagna, Slovacchia, Irlanda o Francia) le attività del settore edile erano fortemente limitate. Secondo le previsioni, la ripresa inizierà già quest’anno. Tuttavia, una completa ripresa ai livelli pre-crisi del 2019 richiederà fino al 2023. La pandemia non ha risparmiato la produzione chimica: tra gennaio e giugno 2020 nell’UE27 è diminuita del 5,2% rispetto ai livelli dell’anno precedente.

Con un -4,8% l’industria digitale è tra i settori che hanno registrato il calo più contenuto rispetto all’anno precedente. Industria sanitaria e alimentare sembrano invece aver beneficiato della situazione. Sebbene il settore sanitario non sia sfuggito all’impatto negativo delle conseguenze della pandemia COVID-19, le esternalità negative non si sono diffuse in tutto il settore. Tra produzione di macchinari, materiale protettivo e farmaci, a settembre 2020 la vendita al dettaglio di prodotti farmaceutici è aumentata del 12% rispetto ad aprile. ll settore alimentare ha ottenuto il maggior successo nella vendita al dettaglio e ha persino aumentato l’occupazione rispetto all’anno precedente del 2,4%. Un aumento delle vendite legato al cambiamento nel comportamento dei consumatori, che hanno smesso di mangiare fuori. Insomma, i dettaglianti alimentari hanno saputo adeguarsi all’evoluzione della domanda, in particolare nel caso della grande distribuzione, 

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Categories: Economia e Imprese