Si parla di focolai di Coronavirus in Sardegna, ma la Regione non ci sta. A tal punto da voler procedere per vie legali. Per il momento 2 sono i focolai principali: il villaggio turistico di Santo Stefano e le discoteche in Costa Smeralda. Ma a preoccupare sono questi ultimi 10 giorni di agosto, quando migliaia di turisti si imbarcheranno per tornare a casa, con il rischio di portare con sé non solo i propri effetti personali ma anche il virus.
Negli ultimi giorni l’isola dei Quattro Mori ha registrato un numero elevato di contagi, numeri che non si vedevano dallo scorso aprile, in pieno lockdown. Attualmente nel villaggio turistico di Santo Stefano sono 26 i positivi al Coronavirus, tra le 475 persone che sono state bloccate nella struttura a La Maddalena, dopo che un lavoratore stagionale è risultato positivo al virus.
Una situazione che ha creato polemiche infuocate. Come il Presidente della Sardegna, Christian Solinas, che rifiuta l’etichetta di “focolaio in Sardegna” – addirittura pronto a querelare – sottolineando che la Regione non ha mai avuto una circolazione virale autoctona, ma che i casi riguardano turisti o sardi infettati durante le vacanze all’estero. La colpa? Secondo Solinas è solo del Governo.
Infine, il presidente leghista è tornato a parlare del vecchio piano, quello proposto dalla giunta e respinto dal Governo, secondo cui ogni passeggero doveva presentare un certificato che attestasse la negatività del tampone. Ma un piano che era più facile a dirsi che a farsi e che rischiava di compromettere completamente la stagione turistica in Sardegna.
Spalleggiato da Franco Mula, capogruppo Sardista, che punta il dito contro il Governo, secondo cui non è in grado di affrontare l’emergenza sanitaria ma che lascia il compito sulle spalle della Regione Sarda.
Anche Ugo Cappellacci di Forza Italia non rimane in silenzio. Il problema? I 25 clandestini positivi al virus che il Governo ha lasciato “scorrazzare liberamente sulla nostra terra, quando sta facendo di tutto per uscire dalla pandemia”. Come se la Sardegna fosse l’unica a combattere questa guerra. Forse hanno già dimenticato quando scoppiò il primo focolaio in Lombardia, tanto da essere accusati di razzismo.
Intanto, i contagi non solo aumentano in Sardegna, ma anche dalla Sardegna, soprattutto nel Lazio. Ad intervenire è l’assessore alla Sanità della Regione, Alessio D’Amato, secondo cui “il mancato rispetto delle regole nei locali della movida sarda rischia di far esplodere una bomba virale – e continua D’Amato – Se si fossero rispettate le regole minime non si sarebbe creata questa situazione”.
Si cerca un colpevole laddove si dovrebbero trovare soluzioni. Da una parte il Governo che punta l’indice contro l’irresponsabilità collettiva, soprattutto dei giovani, che hanno “dimenticato” il nemico invisibile, dall’altra la Sardegna che si scaglia contro il Governo per una riapertura delle regioni senza controllo.
Un cane che si morde la coda. Ogni volta che ci sono nuovi focolai, o almeno piccoli centri di diffusione, si parla di “untori”, come se fosse quello il problema e non cercare di contenere una seconda ondata di contagi. È ormai chiaro che il nostro Paese continua ad essere spaccato a metà.