Nemmeno il Covid-19 ferma Intesa Sanpaolo. La banca italiana, oltre ad essersi impegnata in prima linea per sostenere il sistema sanitario in piena emergenza (con una donazione di 100 milioni ma non solo), continua a macinare utili anche nel primo trimestre di questo difficile 2020. E anche gli investitori lo apprezzano, visto che dopo la comunicazione dei risultati il titolo è salito di quasi il 3%, nettamente meglio della media del FtseMib. Venendo all’utile, rispetto al primo trimestre del 2019 è cresciuto quasi del 10%, superando il miliardo di euro a 1,151 miliardi. Il risultato, in crescita anche rispetto al quarto trimestre dell’anno scorso, sarebbe stato ancora più ampio (1,36 miliardi) escludendo l’accantonamento per l’emergenza coronavirus, e ulteriormente positivo (2,3 miliardi) contando la plusvalenza da 900 milioni dell’operazione Nexi.
Un effetto negativo però il Covid lo avrà, ed è sulle previsioni dell’utile per l’intero 2020: il target è stato rivisto a 3 miliardi. In solida crescita comunque anche gli altri fondamentali: risultato della gestione operativa +27%, risultato corrente lordo +9%, proventi operativi netti +11,7%, costi operativi in calo del 2,7% e rapporto costi ricavi al 44,4%. Intesa Sanpaolo ha anche comunicato un miglioramento della qualità del credito: i crediti deteriorati lordi sono già diminuiti di 23 miliardi da fine 2017 e dunque quasi il 90% del piano al 2021 può dirsi già completato da questo punto di vista. L’incidenza dei crediti deteriorati sui crediti complessivi è scesa al 7,1% al lordo delle rettifiche e al 3,5% al netto.
Il costo del rischio annualizzato nel primo trimestre 2020 è sceso a 40 centesimi di punto, mentre la patrimonializzazione di Intesa si conferma più che mai solida: al 31 marzo, tenendo conto di 863 milioni di euro di dividendi maturati nel trimestre, il Common Equity Tier 1 ratio pro-forma a regime è risultato pari al 14,5%, livello top tra le maggiori banche europee, e il dato calcolato applicando i criteri transitori in vigore per il 2020 al 14,2%. Per quanto riguarda la fusione con Ubi Banca, che nonostante le resistenze dei grandi azionisti della banca lombarda dovrebbe chiudersi entro l’anno, Intesa Sanpaolo sostiene che l’utile della nuova banca salirà a 5 miliardi nel 2022, con il payout al 75% nel 2020 e al 70% nel 2021.
Nel comunicare i brillanti risultati, Intesa Sanpaolo ha tenuto ancora una volta in più a sottolineare il suo impegno a favore del Paese, in un momento particolarmente difficile. Oltre alle varie iniziative di beneficenza e supporto, la banca ha comunicato di essere “un acceleratore dell’economia reale”: circa 17 miliardi di euro di nuovo credito erogato a medio-lungo termine nel primo trimestre 2020, con circa 14 miliardi in Italia, di cui circa 11 miliardi erogati a famiglie e piccole e medie imprese; oltre 3.100 aziende italiane riportate in bonis da posizioni di credito deteriorato nel primo trimestre 2020 e circa 115.000 dal 2014, preservando rispettivamente circa 16.000 e 575.000 posti di lavoro. Per consultare tutti i progetti di sostenibilità e responsabilità sociale e culturale, è possibile visitare il sito.
La pubblicazione dei risultati è stata poi accompagnata da un lungo statement del CEO Carlo Messina, intervenuto sulla crisi Covid ma soprattutto sulle questioni finanziarie: “E’ la nostra capacità di essere profittevoli ed efficienti a permetterci di guardare avanti e di rafforzare ulteriormente il nostro bilancio. La solidità del nostro bilancio deriva inoltre dalla notevole riduzione dei NPLs ottenuta negli ultimi anni, avendo raggiunto in termini di stock e di ratios i livelli del 2009, con un robusto tasso di copertura del 54%. Ciò grazie alle nostre capacità interne e a partnership strategiche, che hanno consentito di ottenere questi risultati senza costi per gli azionisti“.
Contiamo di mantenere elevati livelli di profittabilità – ha proseguito il manager -: prevediamo per il 2020 un utile netto pari ad almeno 3 miliardi di euro, mentre per il 2021 la previsione è di almeno 3,5 miliardi di euro. Allo stesso tempo contiamo di mantenere una solida patrimonializzazione con un Common Equity ratio superiore al 13%”. Sull’operazione Ubi Messina non ha mancato di ribadire la posizione di Intesa Sanpaolo: “Siamo convinti che nello scenario attuale e in quello che seguirà nei prossimi mesi, la nostra proposta nei confronti degli azionisti di UBI acquisisca maggiore valenza strategica e rappresenti per UBI una prospettiva ancor più rilevante: elevata patrimonializzazione, robusta copertura dei crediti deteriorati, dimensione, diversificazione e capacità di investimento assumono ora più valore che in tempi normali. Offriamo agli azionisti di UBI la possibilità di unirsi con l’operatore più forte nel Paese e uno dei più forti in Europa, Intesa Sanpaolo: un gruppo che ha sempre operato a vantaggio delle sue persone, di tutta la clientela, dei propri azionisti e nell’interesse delle comunità di cui è parte”.
“Porteremo questi tratti qualificanti – ha aggiunto – nei territori di presenza di UBI. Riteniamo che una significativa generazione di valore sia ampiamente realizzabile anche nel caso di adesione del solo il 50% + 1 azione di UBI. Intendiamo realizzare un progetto che ha l’obiettivo di generare ulteriori benefici per tutti gli stakeholder e fornire un solido supporto all’economia reale e sociale, con un rafforzamento complessivo dell’Italia”.