L’impennata di casi Covid a Pechino e il rischio di ulteriori lockdown in Cina deprimono oggi i mercati, già stressati dall’attesa di maggiori e più rapidi rialzi dei tassi da parte delle banche centrali e dall’incertezza creata dalla guerra in Ucraina. Il quadro pesa sul petrolio che arretra pesantemente, mentre il dollaro calamita gli acquisti in un contesto di avversione al rischio. Il Brent perde oltre il 5,5% e tratta sotto 101 dollari al barile; il greggio texano scende abbondantemente sotto i 100 dollari e tratta a 96,40, sempre in calo del 5,5% circa.
Sul mercato valutario la moneta unica tocca i minimi dal 2020 contro dollaro, con il cambio in area 1,07.
La settimana in Europa si apre così in rosso, con i listini continentali che arrivano al traguardo di giornata in netto ribasso, in linea con i colleghi asiatici. L’opening bell è stonata anche a Wall Street, dove però resta in luce Twitter (+4%) che, secondo fonti stampa, sarebbe prossima ad accettare l’offerta di acquisto di Elon Musk.
Se l’azionario soffre l’obbligazionario appare invece in recupero, in Europa e negli Usa, dove si abbassano i rendimenti. Cresce però lo spread tra decennale italiano e tedesco: 174 punti base, +5,3%, con un tasso di 2,59% per il Btp e di +0,85% per il Bund.
Listini europei in rosso nonostante la vittoria di Macron
La vittoria di Emmanuel Macron alle presidenziali francesi non è bastata a rassicurare gli investitori sulle prospettive della congiuntura, anche alla luce di alcune trimestrali deludenti, come quella di Philips, che registra uno scivolone dell’11,19% alla Borsa di Amsterdam -2,52%. Male Parigi, -2,01%, zavorrata da Arcelormittal (-8,35%) e da titoli del lusso come Kering (-4,29%) ed Hermes (-3,87%), sempre attenti alle prospettive del mercato cinese. I ribassi sono graffianti inoltre a Francoforte -1,59% e Londra -1,89%. Limita le perdite Madrid- 0,89%.
Piazza Affari sotto i 24mila punti con petroliferi e auto in calo, bene le utility
Piazza Affari scivola a 23.908 punti e arretra dell’1,53%, a causa delle consistenti vendite su titoli petroliferi e automotive, in una seduta dai volumi ridotti per la festa del 25 aprile, con le banche chiuse e il trading soltanto online. Bene le utility.
In fondo al listino si trovano Tenaris -6,82%, Saipem -6,44%, Eni -4,79%. E fuori dal paniere principale vanno giù le società di raffinazione petrolifera, come Saras -7,67% o D’Amico, -7,04%, attiva nello shipping dell’oro nero.
Nell’automotive si deprimono Cnh -5,4%, Iveco -3,34%, Stellantis -2,38%.
Nel lusso cede Moncler -4,68%.
È mogia Telecom, -2,44%, con il principale azionista Vivendi (+0,22%) che, per bocca dell’amministratore delegato Arnaud de Puyfontaine, dice che la manifestazione d’interesse del fondo Kkr non si è mai trasformata in una concreta offerta: “In ogni caso abbiamo ambizioni molto più importanti sul valore di Tim”.
Vendite su Generali, -1,6%, mentre si avvicina la resa dei conti dell’assemblea del 29 aprile dove si contrapporranno due liste per il governo della società. Da una parte ci sarà la lista con il cda uscente, appoggiata dal primo azionista Mediobanca e dall’altra quella di Caltagirone, che propone l’ex manager Generali Luciano Cirinà come candidato ceo, sostenuta anche da Leonardo Del Vecchio e Fondazione Crt.
Oggi l’azionista del Leone, Deka Investment, ha reso noto che voterà a favore di un nuovo mandato per l’attuale ceo Philippe Donnet.
Blue chip regina del listino è Enel, +1,5%, nonostante Deutsche Bank, che ha dedicato uno studio alle utility italiane, abbia tagliato il prezzo obiettivo a 8 euro da 8,5 euro. Reuters scrive che il colosso elettrico “sta trattando la vendita di Celg-D, la sua società di distribuzione di energia in Brasile, operazione che potrebbe raggiungere i 2 miliardi di dollari di valore, secondo tre fonti a conoscenza della materia”.
Benino A2a +0,25% e Snam +0,08%.
Tra le banche si smarca dalle vendite nel settore Banco Bpm, +0,65%, mentre sono in calo Intesa -1,72% e Unicredit -1,19%. Morgan Stanley ha tagliato il prezzo obiettivo su entrambe, rispettivamente a a 3,2 euro da 3,7 euro e a 16,5 euro da 19,5 euro.
Materie prime a picco, vola però l’olio di palma
Il ritorno della pandemia in Cina spaventa tutte le materie prime, non solo il petrolio.
Il rischio di una riduzione della domanda di Pechino ha fatto crollare anche le altre commodity: a Shanghai i future sull’alluminio hanno perso il 47%, quelli sull’acciaio rebar il 15%, quelli sulle bobine laminate a caldo il 16,9%, a Dailan il ferro ha perso il 45%. In calo anche i metalli preziosi come l’oro (-1,1%), l’argento (-2,3%) e il palladio (-3,5%).
I prezzi dell’olio di palma scambiati al Bursa Malaysia Derivatives Exchange si sono impennati invece quasi del 6%, avvicinandosi ai massimi storici e quelli scambiati in Cina sono saliti del 3%. I future dell’olio di soia scambiati a Chicago si avvicinano ai massimi dal 2008. A indurre questi movimenti è lo stop, da giovedì 28 aprile, all’export dell’olio di palma deciso dall’Indonesia, che è il maggior produttore mondiale e responsabile di circa il 50% delle forniture globali di questo grasso ampiamente impiegato nell’industria alimentare.
Sono scesi infine i prezzi del gas, tornando sui livelli precedenti alla guerra. All’hub olandese di riferimento Ttf i future in mattinata erano scambiati a 97 euro/Mwh. Il colosso statale russo dell’energia Gazprom ha dichiarato che fornirà gas naturale all’Europa attraverso l’Ucraina in linea con le richieste dei consumatori europei, che sono aumentate rispetto a ieri a 68,4 milioni di metri cubi da 51,7 milioni.