Il Covid sta rallentando le produzioni, ma allo stesso tempo l’aumento della concorrenza ha fatto esplodere i budget. E’ questo il cortocircuito che si sta registrando nella “bolla” della tv via streaming, il cui mercato sta forse raggiungendo il suo picco. A sostenerlo è uno studio del Boston Consulting Group, che si intitola proprio Will peak TV burst the video content bubble? e che intanto chiarisce una cosa: lo scoppio della pandemia non ha coinciso con lo scoppio della bolla. Anzi, nella fase del lockdown sono aumentati gli utenti, sono cresciute le ore guardate e le sottoscrizioni alle piattaforme streaming digitali: al primo posto c’è sempre Netflix, con il 24% di abbonamenti, ma ormai tallonata da Amazon Prime Video con il 16% e Disney+, che in Italia c’è solo dallo scorso marzo, con il 15%.
Il problema innescato dal Covid è casomai quello del cambio di tipologia dell’offerta e della produzione di nuovi contenuti, resa più difficile dalle restrizioni del lockdown. Anche a fronte di un prevedibile calo degli utenti al termine della pandemia, le grandi piattaforme di streaming oggi privilegiano la varietà, che fa aumentare il numero di abbonati, alla longevità: più produzioni, per serie tv da due stagioni al massimo. Dal 1991 al 2000 gli show che raggiungevano la sesta stagione erano il 29%, dal 2001 al 2010 il 19%, dal 2010 al 2019 appena il 4%. La strozzatura porterà a carenze di show nel breve periodo e sovrabbondanza nel medio, per poi rischiare di perdere i clienti nel lungo periodo.
Cosa succederà dunque? Secondo BCG la prospettiva di un “peak Tv”(inteso come un “picco” della televisione, con annessa saturazione delle serie televisive) è lontana : la bolla anche dopo la pandemia non esploderà ma si modificherà a seconda dei luoghi e delle abitudini, orientandosi sulle abitudini dello spettatore. Continuerà la guerra tra produttori di programmi scripted di alto livello e piattaforme streaming, con costi e qualità ancora in crescita. Cresceranno le piattaforme di contenuti user-generated come quelle di TikTok, Facebook, Twitter (con costi più snelli), oppure offerte di nicchia che sapranno fidelizzare il consumatore. In questo quadro, secondo BCG, i costi continueranno a crescere e tutti i protagonisti del settore dovranno adeguarsi con strategie e business model equilibrati, individuando il giusto cocktail di contenuti, costi, target e strategia di riferimento.
L’altro grande tema è infatti quello dell’aumento dei costi. Negli ultimi 15 anni sono esplosi i budget, fino al record di 160 miliardi di dollari nel 2020. Si sono moltiplicati i player e l’offerta disponibile: ai broadcaster tradizionali e alle piattaforme digitali come Youtube e Dailymotion si sono aggiunti collossi tech come Netflix, Amazon Prime, Apple+ e media come Disney+. Con numeri impressionanti: per il 2020 la sola Netflix ha un budget di 17,5 miliardi di dollari, superiore al Pil di 75 Paesi del mondo, per 44mila ore di contenuti video offerti. L’industria TV ha visto nascere nuove geografie, con centri di produzione in Turchia, Corea del Sud e Spagna, e nuovi equilibri, in cui le emittenti classiche rappresentano oggi solo il 65% della spesa per i contenuti (rispetto al 90% di dieci anni fa) e gli Over the Top il 17%.
Questo ha fatto sì che in 10 anni la spesa totale per contenuti tv è quasi raddoppiata, passando dagli 87 miliardi di dollari del 2010 ai 160 del 2020 (di cui 39 miliardi per diritti sportivi, 52 per diritti cinematografici e televisivi, 69 per contenuti originali), mentre la quota dei broadcaster è diminuita a vantaggio degli Over the Top. Il pubblico si è abituato a produzioni di alto livello e un singolo episodio di una serie TV costa tra i 10 e i 15 milioni di dollari, uno show della TV via cavo americana 3/4 milioni di dollari. Di conseguenza, la redditività è in calo e non tutte le realtà riescono a fare fronte ai necessari investimenti. Un altro segnale di allarme è l’eccesso di quantità, che rischia di soffocare gli spettatori con circa 600mila titoli a disposizione (dato USA 2019), che impiegano mediamente 7 minuti di tempo per individuare quello preferito.