Formalmente sono aperti fino al 24 novembre e anche oltre, se il semi-lockdown dovesse finire davvero in quella data. Ma la grande incognita è sul “come”, perché non sono da escludere nuove strette che finirebbero per scoraggiare l’apertura e condizionare pesantemente la stagione “bianca”, già stroncata dal primo lockdown di marzo.
Parliamo degli impianti sciistici di tutte le località montane italiane, i cui gestori sono riuniti sotto l’egida dell’Anef, l’Associazione Nazionale Esercenti Funiviari: il Dpcm del 25 ottobre ha dato il via libera all’apertura di funivie e seggiovie anche per gli sciatori amatoriali (e quindi non solo per le gare professionistiche, regolarmente programmate) ma solo “subordinatamente all’adozione di apposite linee guida da parte della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e validate dal Comitato tecnico-scientifico, rivolte ad evitare aggregazioni di persone e, in genere, assembramenti”.
In realtà in molte località si aprirà comunque, come ogni anno, oltre la data di scadenza del provvedimento, cioè il 24 novembre. Ma chi volesse anticipare una stagione si preannuncia complicata potrà aprire al pubblico seggiovie, ovovie e telecabine anche subito. A patto però che venga rispettato un Protocollo di sicurezza in via di definizione, che eviti i pericolosissimi assembramenti visti nel primo weekend di apertura a Cervinia e che potrà però essere a sua volta suscettibile di ulteriori modifiche nel caso in cui la curva dei contagi (destinata a salire nelle prossime settimane) dia indicazioni diverse.
C’è anche la questione delle regioni a statuto speciale, come il Trentino Alto Adige dove il presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti è intervenuto con una ordinanza che però non parla di impianti sciistici ma solo di bar e ristoranti, che a Trento e dintorni potranno restare aperti – in deroga al Dpcm – rispettivamente fino alle 20 e fino alle 22. Tornando invece agli impianti sciistici, il dibattito è aperto. Sempre dalla Provincia autonoma di Trento si ipotizza di regolare la modalità di accesso “con le app, tipo Gardaland, e altri strumenti”.
Torna attuale anche il tema della capienza all’80%: “La capienza all’80% – ha commentato Valeria Ghezzi, presidente dell’Anef – non sarà difficile da mantenere, perché con il fatto che va mantenuto il metro di distanza fino al tornello non credo sarà possibile riempire le cabine. Inoltre il trasporto interno con mascherina e finestrini aperti è poco problematico. Il problema vero sarà gestire le code qui faremo appello alla responsabilità delle persone”.
Se però per qualche motivo qualcosa dovesse andare storto, sarebbe a rischio l’intera stagione. Innanzitutto perché, come notano gli addetti ai lavori, se ci fossero forti limitazioni agli impianti ci sarebbero di conseguenza forti ricadute negative sugli alberghi. Anche per l’effetto psicologico: dopo la pubblicazione del Dpcm, su molte località dell’arco alpino sono piombate disdette per il periodo natalizio. E senza prenotazioni, per molti albergatori e operatori è impensabile aprire.
Inoltre, considerando che mezza Europa è bloccata dal virus, con misure più o meno analoghe tra i vari Paesi e limitazioni dei viaggi, verrebbe a mancare anche il turismo straniero. Infine la questione lavoro. La stagione sciistica dà lavoro a decine di migliaia di persone, che in caso di mancata apertura o forti riduzioni dei budget, vedrebbero venire meno una importante fonte di guadagno.
“Servono incentivi, sgravi e certezza sulla cassa integrazione se la stagione dovesse essere negativa – ha commentato Giovanni Battaiola, presidente dell’Associazione albergatori di Trento -, al fine di coprire i lavoratori che saranno stati assunti dagli hotel e dalle strutture ricettive con un atto di coraggio e ottimismo rispetto a quanto stiamo vivendo ora”.