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Covid-19 ha ucciso anche il Pil

ImagoEconomica

Il coronavirus ha sconvolto il mondo provocando milioni di morti e, purtroppo, il computo salirà ancora molto fino a quando il vaccino non sarà disponibile su larga scala. Quasi tutte le vittime sono state e resteranno anonime. Ma, a mio avviso, una vittima particolarmente illustre del Covid-19 sarà il Pil.

Infatti, sebbene tardi esegeti della contabilità nazionale si arrabattino già per dirci dopo quanti anni torneremo ai livelli di Pil pre-Covid, un calcolo del genere ha dell’assurdo per un motivo molto semplice. Il crollo epocale del Pil è stato autoimposto. Abbiamo deciso di chiudere le attività economiche per salvare molte vite, affermando, se ve n’era bisogno, che la creazione di ricchezza è vera solo se non mette a repentaglio vite umane. Oggi più che mai si dovrà cercare di superare i limiti del Pil, di cui il fondatore Simon Kuznets era già consapevole quasi un secolo fa. Il limite principale sta nel non riuscire a misurare il benessere effettivo ma solo la creazione di ricchezza materiale, senza tenere conto di come essa viene distribuita nella società né degli “effetti collaterali” della produzione e del commercio dei beni e servizi.

Sulla distribuzione dei redditi molto è stato già detto. Livelli eccessivi di disuguaglianza generano malcontento sociale e lo schiacciamento della classe media può persino indebolire la democrazia. Interventi equitativi sono perciò necessari, sebbene occorra sempre attuarli senza distorcere oltremodo il funzionamento del mercato, per evitare di scoraggiare la ricerca del legittimo profitto.

A correggere gli effetti collaterali (indesiderati) della produzione e del commercio dei beni e servizi sono rivolte le politiche per la sostenibilità. L’obiettivo è fare in modo che i prezzi incorporino in misura adeguata incentivi a comportamenti responsabili verso l’ambiente e la società. Tali politiche assumono due forme: da un lato regole, dall’altro tasse e sussidi. Le regole stabiliscono dei divieti, per esempio in certi luoghi non si può circolare con un’auto euro-0. Le regole servono, però sono inflessibili e si può spesso fare di meglio. Più efficienti ed efficaci sono infatti tasse e sussidi che incentivano i comportamenti virtuosi lasciando però agli individui la possibilità di scegliere.

L’Unione Europea ha lanciato l’European Green Deal (EGD), un grandioso programma di investimenti da mille miliardi di euro per accelerare la transizione sostenibile. Di più, in risposta all’emergenza Covid sono stati lanciati altri due importanti programmi: il fondo Sure (100 miliardi) che, dando un sussidio di disoccupazione minimo a tutti gli europei, riafferma il concetto di cittadinanza Ue, il Next Generation EU (650 miliardi) per accelerare la ripresa post-Covid, per non parlare degli eventuali fondi del MES. Questi programmi Ue saranno ovviamente tra loro integrati, perciò gli incentivi pro-ambiente e pro-sociali introdotti da EGD saranno ulteriormente potenziati da Sure e da Next Generation EU.

L’effetto collaterale di tutto ciò, trascurando i tempi duri che l’accelerazione Ue sta provocando per i cosiddetti sovranisti, sarà la necessità di superare il Pil, metrica ancor più inadeguata a misurare il risultato di quelle politiche, le quali mirano a un benessere sostenibile e non potranno accontentarsi di guardare a ciò che accade al Pil.

Che l’Europa si stesse muovendo verso forme di capitalismo che non guardavano solo al Pil lo si poteva già percepire da tempo. È lampante al riguardo il confronto con gli Stati Uniti negli ultimi trent’anni. Gli Usa sono cresciuti quasi il doppio dell’Ue in termini di Pil. Invece, se si misura la performance macroeconomica con l’Indice di sviluppo umano, a suo tempo proposto da Amartya Sen (che tiene conto del Pil pro capite ma anche della speranza di vita e del livello medio di istruzione) è stata l’Ue a crescere il doppio degli Usa. Perciò, la sproporzione nei danni del Covid, che con tutta probabilità saranno assai maggiori negli Usa che nell’Ue, non deriva solo dalla pressappocaggine della gestione Trump, bensì da radici più profonde.

L’esperienza Covid sembra quindi solo amplificare e accelerare dei processi che, in parte, erano già in atto. Sarà bene prepararsi per un futuro “oltre il Pil”. Incidentalmente, ciò non significherà che non dovremo più preoccuparci del debito pubblico, ma per stabilirne la sopportabilità lo dovremo rapportare a una misura di benessere maggiormente appropriata. Non più al Pil.

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