Il sacrosanto dibattito sui costi della politica italiana ha trovato un largo consenso almeno su di un punto: il numero massimo (due è il più gettonato) delle legislature consentito ad ogni parlamentare eletto, oppure nominato da pochi. Invece nulla si dice a proposito di quante volte lo stesso premier (caso mai proprio quello che nomina i parlamentari) può guidare un governo non soltanto nel caso del suo successo, ma anche nel caso dei disastri commessi a danno del paese. Non a caso invece il capo del governo più potente del mondo (quello Usa) non può superare i due mandati per un massimo di otto anni. In Italia conosciamo uomini di governo che hanno governato per un numero di anni multiplo di quelli concessi al presidente degli Usa. E molti ambiscono ad imitarli.
La proposta così largamente condivisa dai vertici dei partiti e dai potenziali uomini di governo dovrebbe dunque essere rovesciata soprattutto quando si auspica di rafforzare il potere del premier nei confronti del parlamento. Se ciò dovesse avvenire sarebbe allora opportuno porre un limite al numero delle premiership ed nessun limite al numero delle legislature consentite ad un singolo larlamentere. Così facendo, si consentirebbe, come nel Senato e nel Congresso Usa, la presenza di autorevoli parlamentari per il controllo degli atti di governo.
Vedo invece nella proposta di limitare il numero dei mandati la svalutazione della funzione del parlamentare, come se questa fosse soltanto quella di assecondare il premier e dunque ben venga la loro rotazione più rapida possibile. Se poi si mantenesse lo strapotere (caso mai con un Porcellum modificato ad arte) delle segreterie dei partiti nella nomina dei parlamentari questi diventerebbero delle semplici pedine da muovere nei momenti più opportuni. Un Parlamento di yes men. Apprendere il mestiere del parlamentare (ovviamente per chi lo voglia fare) non è cosa semplice soprattutto per chi intenda esercitare la funzione di controllo non soltanto politico, ma anche tecnico sugli atti del governo.
In ogni caso il parlamentare risponde direttamente agli elettori, l’uomo di governo risponde prevalentemente tramite il consenso all’uso del potere esercitato. Il potere tende dunque a personalizzarsi e a scadere nel populismo. E’ poi noto che attorno agli uomini che gestiscono i poteri di governo sia assiepano moltitudini di altri uomini leali o malandrini che siano che intessano relazioni personali da mantenere nel tempo. Se il capitalismo italiano è definito negativamente al pari di un capitalismo relazionale, anche gli uomini di governo di lungo corso danno vita alla politica relazionale non controllata dai saltuari e rotanti parlamentari.