Autonomia come antitesi all’unitarietà su materie strategiche che non dovrebbero entrare nel gioco falloso della politica. La legge sull’autonomia differenziata, invece, su energia, ambiente, suolo, rifiuti, polverizza anni di iniziative e battaglie per fare dell’Italia un Paese meno esposto ai rischi. Il governo ha voluto ascrivere al centrodestra una discontinuità con tutte le proposte di autonomia presentate in venti anni. Su quelle materie, altamente strategiche, tuttavia, si rischia il tracollo e nuovi scontri con la Commissione Ue. Alla Lega importa poco, ma tant’è.
“È una riforma assurda, non si può ridurre a una dimensione locale un elemento transazionale come l’energia” ha detto Giulio Sapelli , professore di Storia economica all’Università di Milano. Nelle 23 materie oggetto di autonomia c’è proprio la tutela dell’ambiente, che guarda caso il Parlamento due anni fa ha introdotto nella Costituzione. Energia e ambiente sono parole entrate nell’uso comune della pratica politica. Ma sono anche quelle con minore senso compiuto. Con l’autonomia la prospettiva è di veder negoziare interessi, poteri e consensi, laddove sono richiesti unità e scelte coerenti. In quale Nazione (Meloni cit.) vivremo quando i presidenti di Regione, e a cascata i sindaci, decideranno su eolico, fotovoltaico, rifiuti in modo determinante? È vero, non è detta l’ultima parola. Ma è augurabile una maggiore autonomia delle Regioni in materia ambientale? Nella gestione dei rifiuti, per esempio, come paradigma di new economy? Perché l’economia del futuro – circolare, s’intende – non sia un optional bisogna essere seri oggi. E la questione rifiuti con la zavorra di costi e burocrazia diffusa, riflette l’illogicità di certe scelte.
Il contrasto con le norme Ue
“In linea di principio le politiche ambientali, peraltro dettate ormai delle norme europee, sono fattori di competitività e dovrebbero quindi essere omogenee a livello nazionale, per evitare distorsioni alla concorrenza” ci dice Chicco Testa, presidente di Fise Assoambiente l’associazione delle industrie di settore. Nelle materie oggetto di autonomia i rifiuti sono sotto la voce “tutela dell’ambiente”. Testa, cosa dobbiamo aspettarci? “Il Programma nazionale di gestione emanato nel 2022, registra diversi modelli di gestione dei rifiuti soprattutto urbani, alcuni più efficaci ed efficienti, altri meno. Il differenziale di performance regionale è elevato, cosi come diversi sono i deficit impiantistici e i tassi di esportazione fuori Regione.” Le Regioni hanno, dunque, competenze e avrebbero dovuto fare meglio soprattutto per il riciclo.
Con il suo tessuto industriale e le iniziative di sensibilizzazione anche di Assoambiente, l’Italia può avere più degne aspirazioni. Badate, l’autonomia non è la riforma che aggiusterà qualcosa, è la lama con la quale si squarcerà il paese, ha spiegato Paolo Pileri docente del Politecnico di Milano. Ci sarà una fase negoziale tra centro e periferia ma sarà complicato convincere i sostenitori dell’autonomia che le questioni ambientali ed energetiche sono quelle su cui si misura la serietà di una classe dirigente. “Hanno dato una brusca accelerazione alla legge. Così gli italiani la vivono come fortemente divisiva” ha detto Roberto Occhiuto, presidente della Calabria e vicesegretario di Forza Italia, al Corriere della Sera. È preoccupato e spiazzato, il presidente, forse perché pensa anche alla società regionale Arrical che gestisce rifiuti e acqua ed ha 58 milioni di debiti. Tutti i sindaci delle città capoluogo della Calabria hanno firmato un appello a ritirare la legge sull’autonomia.
Industriali inascoltati
Torniamo all’economia circolare? “Enfatizzare adesso i livelli di autonomia regionale nei rifiuti adottando la autonomia differenziata in questo settore non sembra oggi la priorità e ci sono ragionevoli rischi di fare aumentare le criticità e non ridurle” ragiona Chicco Testa. Dobbiamo accrescere il grado di fiducia verso le Regioni? “Io dico che l’esperienza fatta nella attribuzione alle Regioni di competenze in materia di energia non è stata positiva. Per i rifiuti livelli di autonomia regionale sono già garantiti dalla legge nazionale dei Piani regionali come livello di pianificazione fondamentale. Il Piano nazionale dei rifiuti non è esattamente un Piano nazionale, ma linee guida per la redazione omogenea appunto dei Piani regionali”. Un prototipo di quello che l’autonomia differenziata consente di fare con i livelli delle prestazioni? La retorica politica, osannante la legge, non convince nemmeno gli industriali del Sud. “Nessuno degli esponenti della maggioranza ci ha spiegato come si intendono garantire i livelli delle prestazioni. Si accentuano divari e disuguaglianze” è la posizione del presidente degli Industriali di Napoli, Costanzo Jannotti Pecci. Salvini, Calderoli e Giorgetti sono consapevoli dei danni che possono scaturire da un disegno separatista?
Una partita tutta da giocare
Il Sud pagherà un prezzo ancora più alto in tutta la transizione energetica. Gli obiettivi sono fissati da tempo e la prossima Commissione li potrà rivedere. Meloni e i suoi ministri li hanno contestati e obiettivamente non tutto andava bene. Cosa ne pensa, presidente Testa ? “Per me è difficile pensare a possibili margini di autonomia strategica delle Regioni, in un settore i cui target ambientali sono obbligatori e definiti dalle direttive europee e dalla legge nazionale: riciclo al 65% e discarica massimo al 10% per i rifiuti urbani “. Ma si poterebbe attivare qualche nuova leva politica ? ” Potrebbe essere utile premiare modelli regionali con procedure di autorizzazioni più semplici e veloci. Limitatamente a questo aspetto, un po’ di devolution potrebbe anche fare bene”.
Al Sud non è soltanto Occhiuto a lamentarsi. Tutto l’impianto della legge scatena più opposizioni che consensi e a nessuno viene da dire che il trasferimento di competenze delicatissime porterà benefici a territori che combattono contro discariche abusive, depuratori scassati, scarse fonti rinnovabili, siccità. L’autonomia differenzia i territori; non ha calcolato, o li ha calcolati secondo esigenze localistiche, i punti di partenza base per un disegno sociale ed economico che faccia giustizia di ritardi storici. Gestire i territori con logiche esclusive di accumulo di risorse, incuranti di tutto il nuovo che arriva è frammentazione. Un gioco con molti falli.