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Cos’è la finanza islamica: regole e principi di un modello diverso

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Il denaro non può servire a generare altro denaro, ma deve contribuire allo sviluppo e alla crescita della società. È questo uno dei principi fondamentali su cui si fonda la finanza islamica, un sistema che segue la Sharia e i suoi principi etici che impongono la condivisione di rischi e profitti tra debitori e creditori, vietano investimenti rischiosi e speculazione, proibiscono la richiesta di interessi, considerati come una vera forma di usura. 

Nato intorno agli anni ‘70, il sistema finanziario islamico ha però anche una caratteristica in comune con quello occidentale: è fortemente bancocentrico. Lo sottolinea uno studio di Davidia Zucchelli dell’International Research Network della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo che analizza le caratteristiche della finanza islamica ponendole a confronto con quelle della finanza tradizionale.

LE BANCHE ISLAMICHE

Ad oggi, in giro per il mondo, sono operative 235 banche islamiche. Nove di esse si trovano nell’Unione Europea. I Paesi del Golfo coprono la quota più elevata sul totale attivo delle banche islamiche nel mondo (45,9%), seguiti dall’area Middle East e South Asia (26%) e dal Sud Est Asiatico (23,5%). In coda Nord Africa e Sub-Sahara, con l’1,6%. Molto diffusi a livello globale sono anche i sistemi bancari collaterali (shadow banking system), i quali – sottolinea lo studio – “benché comprendano al loro interno anche tipologie di intermediari la cui operatività non appare immediatamente critica, di fatto hanno determinato una perdita di controllo sul sistema da parte di varie autorità di vigilanza nazionali e quindi, di fatto, hanno favorito in modo sconsiderato l’uso della cosiddetta finanza creativa”. Un approccio che ha come obiettivo la speculazione e non il servizio all’economia reale previsto dal Corano.

Interessanti anche le regole imposte alle banche islamiche che, possono ricevere depositi e finanziarie clienti, famiglie e imprese, esattamente come le banche tradizionali, ma devono rispettare dei dettami precisi. In primo luogo non è previsto l’obbligo di rimborso/non vi è debito. Il modello da seguire si basa sul principio “profit and loss sharing”, cioè sulla partecipazione agli utili e alle perdite derivanti dagli investimenti dei clienti. Altra caratteristica importante riguarda il divieto di corrispondere interessi allo scopo di “conseguire condizioni di equità e giustizia economico-sociale, prevenendo ogni forma di privilegio, attraverso l’ottenimento di rendite finanziarie, senza partecipazione lavorativa”, spiega Lo studio. È permessa infine la finalità di custodia, ma è vietato tesaurizzare. 

“L’accumulazione di risorse finanziarie non è consentita dalla legge islamica. Il denaro ha valore cioè non in sé, ma solo come strumento utile per lo sviluppo e la crescita, e non può essere accantonato, deve essere fatto circolare”, sottolinea il report.

L’INCLUSIONE FINANZIARIA

Per inclusione finanziaria si intende sia la possibilità generale di accedere ai diversi servizi finanziari, partendo dal semplice conto corrente, sia il divario di genere esistente tra uomini e donne. Lo studio evidenzia come il grado di inclusione finanziaria negli Stati islamici sia proporzionale alla ricchezza: è molto elevato nei Paesi ad alto reddito, come i Paesi del Golfo o la Malesia, dove si arriva rispettivamente all’80 e all’’85%. È invece molto più basso – anche se in aumento – in Bangladesh e Indonesia (50%) e in Pakistan (21%), con un reddito medio più modesto. Rimane invece molto marcato il gap di inclusione finanziaria delle donne rispetto agli uomini in tutti i paesi islamici”.  Il divario in Egitto è al 27% (era al 7% nel 2011), in Bangladesh e Turchia si arriva al 30%. 

FINANZA ISLAMICA VS FINANZA ETICA

Lo studio dell’International Research Network della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo si chiude con un confronto tra la finanza islamica e la finanza etica. La prima “è regolamentata completamente dalla Legge islamica”, la seconda è può essere invece definita come un  un codice comportamentale etico-religioso ispirato a valori religiosi (di matrice cristiana). Entrambi si ispirano a modelli non di pura competitività tra i soggetti economici, di mera efficienza e di profitto utilitaristico, ma di cooperazione sociale e di complementarietà.

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Categories: Finanza e Mercati