La Corte Europea ha stabilito, con una sentenza di oggi, che gli Stati Uniti non garantiscano un livello adeguato di protezione dei dati personali. La decisione odierna della Corte Ue colpisce in particolare Facebook e arriva dopo che Max Schrems, 27enne austriaco, studente in legge e utente di Facebook dal 2008, aveva chiesto alle autorità irlandesi che i propri dati sul social network non fossero conservati negli Stati Uniti dove era scoppiato il caso Nsa.
La Corte, con la sentenza di oggi, ha praticamente dato ragione al giovane austriaco e da questo momento ritiene invalida la decisione della Commissione europea nel lontano 2000 che aveva ritenuto adeguate le garanzie americane sulla protezione dati negli Stati Uniti. La Corte Europea ha sottolineato come, oggi, le esigenze della sicurezza nazionale americana prevalgano sul regime dell’approdo sicuro (Safe Harbour) cui sono sottoposti i dati privati dei cittadini europei trasferiti negli Usa. Pertanto le imprese americane “sono tenute a disapplicare, senza limiti, – dice la Corte Ue – le norme di tutela previste”.
Cosa accade dunque?
Oggi i dati degli utenti europei di Facebook sono custoditi su un server basato in Irlanda, da lì poi li trasferisce negli Usa. Con questa sentenza potenzialmente, ogni singolo stato dell’Unione Europea, allo scopo di garantire una maggiore riservatezza per i propri cittadini, può chiedere di fermare il trasferimento dei dati personali verso i server americani.
Adesso spetta alle autorità irlandesi esaminare la denuncia dell’austriaco Schrems e prendere una decisione: mantenere l’attuale sistema o seguire la sentenza della Corte Ue e sospendere il trasferimento dei dati degli iscritti europei a Facebook verso gli Stati Uniti.