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Corporate Italia, ecco le aziende che ripartiranno secondo Standard & Poor’s

Quali sono le aziende meglio che potranno sfruttare al meglio il miglioramento del contesto operativo italiano dei prossimi anni? La fotografia la scatta l’agenzia di rating Standard & Poor’s nell’aggiornamento annuale appena pubblicato “Italy corporate credit outlook 2015-2016”.

A livello corporate la ripresa riguarderà le imprese innovative e orientate all’export che sono competitive a livello internazionale e le società più piccole che si ristrutturano e consolidano per migliorare la propria profitabilità. Allo stesso tempo negli ultimi tre anni il gap tra le aziende più profittevoli e quelle meno profittevoli si è ampliato mentre le aziende internazionali stanno sempre più puntando alle italiane con il valore dei deal che ha raggiunto i 22 miliardi di euro a fine agosto, un ammontare già superiore all’intero 2014. A livello di rating, S&P si attende che la qualità del credito si stabilizzi e resista sui livelli attuali nel resto del 2015 e nel 2016.

CHI RIPARTE. E CHI MENO

La produzione industriale e la fiducia di consumatori e imprese sono in ripresa trainati, spiega S&P nel report, da fattori esterni all’Italia, come gli stimoli monetari non convenzionali, la caduta dei prezzi delle comodità e un euro più debole. “Sono anche stati aiutati – aggiunge S&P – dalle riforme pro-business del governo del Primo ministro Matteo Renzi. Ma bisogna ancora vedere se questo stimolo sarà sufficiente a sostenere un ritorno alla crescita significativo da parte del settore corporale italiano”.

Gli esperti ritengono che la ripresa sarà piuttosto polarizzata, saranno favorite le aziende più innovative e quelle orientate all’export e che potrà aiutare solo parzialmente quelle imprese la cui redditività “ si è deteriorata al punto da rendere non sostenibili i livelli di leva finanziaria, e per il quali l’unica soluzione è la ristrutturazione”.

Ad appesantire le aziende orientate al mercato domestico, oltre alla dinamica anemica della domanda interna, anche la condizione sovracapacità in cui si trovano una parte di esse, soprattutto nell’industria pesante. I settori dei consumi e dell’industria leggera sono quindi meglio posizionati per beneficiare di una qualche ripresa dei consumi.

INVESTIMENTI IN RIPRESA 

S&P si attende che tra il 2015 e il 2016 gli investimenti corporale inizino a riprendersi dopo diversi anni di declino, supportati da un miglioramento nell’accesso al credito. “Si tratterà di variazioni modeste ma già vedere un segno più dopo anni è incoraggiante”, ha detto Renato Panichi Senior Director Corporate di S&P parlando all’Italy Corporate Event 2015 organizzato dalla società di rating a Milano. Dal 2008 gli investimenti aziendali sono diminuiti di un terzo, scendendo al 9% del Pil dall’11% a causa soprattutto di una debole fiducia delle imprese, della caduta dell domanda e della stretta del credito. “Vincoli che stannno gradualmente venendo meno – fa notare nel suo report S&P – l’aumento della fiducia delle imprese, il miglioramento nella disponibilità e nel costo dei prestiti bancari, la crescente domanda di credito delle aziende si tradurranno probabilmente in una espansione moderata degli investimenti corporale nel 2015-2016”. L’espansione riguarderà per gli economisti dell’agenzia di racing soprattutto i settori della manifattura, delle telecom, l’auto, dal momento che l’utilizzazione della capacità produttiva sta qui gradualmente riprendendosi.

UN PANORAMA POLARIZZATO

S&P rileva che tra il 2012 e il 2014 si è assistito a una crescente polarizzazione dei livelli di redditività delle aziende italiane. Nello studio dell’agenzia di rating la differenza nei margini Ebit tra il migliore e il peggiore decile del campione è aumentata di circa 600 punti base tra il 2012 e il 2014, e la maggior parte di questo si spiega con il peggioramento della redditività nel decile più basso. “Questo – scrivono gli esperti – conferma la view che l’attuale ripresa sarà polarizzata all’interno di ciascun segmento di business. E’ improbabile che la ripresa abbia benefici su quelle imprese la cui redditività si è deteriorata tanto da far raggiungere alla leva finanziaria livelli non sostenibili, per i quali l’unica soluzione è la ristrutturazione”. In particolare, la leva finanziaria delle imprese italiane, misurata in termini di rapporto debiti/Ebitda, è aumentata significativamente negli ultimi due anni con un picco a 3,7 nel 2014 (3,5 nel 2009), sopra la media europea (3 volte), proprio a causa della riduzione della redditività piuttosto che dell’aumento del debito.

M&A, AZIENDA ITALIA NEL MIRINO

“Le aziende italiane sono corteggiate”, scrivono gli analisti di S&P rilevando che nella prima metà del 2015 si sono impennate le acquisizioni e i compratori esteri. A fine agosto le transazioni avevano già raggiunto i 22 miliardi di euro, già ben sopra i 14,2 miliardi dello stesso periodo di un anno prima. Il tutto con operazioni di grande profilo: da ChemChina su Pirelli a Dufry su Wdf. “Molti attribuiscono il repentino interesse alle riforme economiche ed istituzionali del primo ministro Matteo Renzi. Inoltre, dopo tre anni di decrescita, le condizioni economiche si stanno stabilizzando”, scrivono gli analisti, precisando però che si tratta di un fenomeno che aveva già iniziato a manifestarsi dal 2010, anche in relazione alla necessità di passaggio generazionale di molte imprese in mano alle famiglie. Un esempio è il caso Italcementi che è stata venduta a HeidelbergCement, o del passaggio a Whirlpool di Indesit.

In voga è soprattutto il settore dei consumi discrezionali che ha dominato, con sei transazioni, il mercato dell’M&A italiano in termini di volumi. I settori più gettonati sono l’abbigliamento, il tessile e i beni di lusso, i componenti automotive, gli hotel, i ristoranti e l’intrattenimento ma anche il retail e i media.

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