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Corporate governance, cda società quotate in linea con raccomandazioni Ocse grazie ad autodisciplina: report Assonime

Assonime: la maggior parte delle raccomandazioni Ocse in tema di corporate governance trova applicazione in Italia non attraverso atti normativi ma grazie all’autoregolamentazione. Ma nel Codice di Autodisciplina delle aziende quotate mancano riferimenti espliciti alle responsabilità del consiglio sulle donazioni politiche

Corporate governance, cda società quotate in linea con raccomandazioni Ocse grazie ad autodisciplina: report Assonime

La maggior parte delle raccomandazioni dell’Ocse in tema di corporate governance trova applicazione in Italia non attraverso atti normativi ma grazie all’autoregolamentazione. Il dato emerge da un’analisi comparata dell’applicazione del Codice di corporate governance delle società quotate italiane con i nuovi Principi G20/Ocse sulla corporate governance che sono stati al centro di un incontro promosso da Assonime con esponenti di rilievo della comunità finanziaria. Il seminario si è svolto in occasione della pubblicazione del nuovo Rapporto Assonime sulla corporate governance che esamina gli assetti e le prassi di governance delle società quotate italiane come emergono dalle relazioni sul governo societario e dalle relazioni per la remunerazione di tutte le società quotate disponibili entro luglio 2023.

Le raccomandazioni Ocse

L’intero set di raccomandazioni Ocse sulla corporate governance è implementato in Italia, totalmente (85%) o parzialmente (15%), si rileva da una indagine sul campo presentata al seminario da Marcello Bianchi, vicedirettore generale di Assonime. Ed è, appunto, significativo il fatto che nel 61% dei casi la conformità agli indirizzi dell’Ocse è la diretta conseguenza del Codice di corporate governance delle società italiane. Questo accade – ha spiegato Bianchi – perché i principi dell’organismo internazionale relativi alle responsabilità del consiglio di amministrazione, su cui si è concentrata l’attenzione di Assonime, riguardano standard la cui attuazione è demandata al Codice di Autodisciplina. Quest’ultimo gioca un ruolo significativo anche rispetto alle nuove disposizioni dei Principi G20/Ocse volte a rafforzare l’impegno dei Consigli di amministrazione verso la sostenibilità.

Vi sono comunque aree in cui si possono prendere in considerazione ulteriori miglioramenti del quadro italiano. In particolare, riguardo agli “high ethical standards” raccomandati dall’Ocse. Sebbene la prassi di molte aziende mostri un sostanziale allineamento al principio, manca nel Codice di Autodisciplina un riferimento esplicito alla responsabilità del consiglio rispetto a tali tematiche. Allo stesso modo anche l’invito dell’organismo internazionale a far sì che le attività di lobby siano “coherent with their sustainability-related goals and objectives” è attuato soltanto parzialmente. Anche in questo caso le prassi di molte aziende mostrano un sostanziale allineamento, tuttavia manca nel Codice di Autodisciplina un riferimento esplicito alla responsabilità del consiglio, in particolare con riferimento alle donazioni politiche.

Il coinvolgimento degli investitori e il miglioramento della governance aziendale

L’interesse degli investitori nell’interazione con le società quotate è in crescita, contribuendo a una governance aziendale più solida e trasparente. Con oltre il 70% delle società che hanno sviluppato politiche specifiche per coinvolgere gli investitori, si sta assistendo a una tendenza positiva verso un dialogo più aperto e costruttivo. È interessante notare che un terzo di queste società va oltre, offrendo dettagli sulle questioni affrontate durante questo dialogo, il che riflette un impegno crescente verso la trasparenza e l’accountability.

Questo impegno verso il coinvolgimento degli investitori si traduce in miglioramenti nella governance aziendale nel suo complesso. Negli ultimi anni, c’è stato un costante aumento della conformità alle pratiche di governance, con una media del 77% nel 2023. Questo trend è particolarmente evidente tra le piccole aziende e quelle con una struttura di proprietà più concentrata, suggerendo che una maggiore attenzione alla governance sia una caratteristica distintiva di tali contesti aziendali.

Nonostante la crescente enfasi sul coinvolgimento degli investitori, l’adozione di meccanismi di controllo aggiuntivi, come azioni di lealtà o diritti di voto multipli, sembra avere un impatto limitato sulla conformità complessiva alla governance aziendale. Tuttavia, le aziende controllate dalle famiglie che adottano tali meccanismi mostrano un lieve aumento nella conformità, suggerendo che tali approcci potrebbero avere un ruolo nel rafforzare la governance in determinati contesti.

Inoltre, la trasparenza e l’efficacia del processo di nomina del consiglio giocano un ruolo significativo nel determinare il livello di governance aziendale. Le società che consentono al consiglio uscente di presentare una lista di candidati per la nomina dei nuovi membri mostrano generalmente un grado di governance aziendale più elevato. Questo sottolinea l’importanza di un processo di nomina del consiglio rigoroso e trasparente, che garantisca la diversità e l’indipendenza all’interno del consiglio stesso.

Evoluzione della composizione e della struttura del consiglio

L’evoluzione della composizione e della struttura del consiglio aziendale riflette un movimento verso le migliori pratiche internazionali di corporate governance. L’assegnazione delle funzioni esecutive, il tipo di ceo e la presidenza del consiglio sono personalizzati per adattarsi alle dimensioni e al modello di controllo aziendale.

L’83% delle società preferisce affidare tutti i poteri esecutivi a un unico ceo, ma ci sono alternative come il modello di multipli ceo nelle grandi aziende con azionisti di controllo o il comitato esecutivo nelle aziende non controllate. La tipologia di ceo varia notevolmente in base al modello di controllo aziendale: le imprese familiari preferiscono spesso un ceo-proprietario, mentre le imprese statali o le grandi aziende non controllate optano per un ceo-manager. Le scelte riguardo alla presidenza del consiglio sono molto eterogenee, con la presidenza esecutiva come la più comune. La nomina di un direttore indipendente principale è comune e i direttori indipendenti stanno diventando sempre più presenti nei consigli aziendali.

Quasi tutte le aziende quotate hanno istituito comitati per la remunerazione, il controllo e il rischio, e le nomine, con una rappresentanza di genere quasi equilibrata. Sebbene l’85% delle aziende conduca valutazioni del consiglio, solo il 69% coinvolge un membro del consiglio nel processo, rivelando una mancanza di supervisione diretta. Mentre la qualità dell’indipendenza dei direttori è in miglioramento, c’è spazio per una maggiore trasparenza, soprattutto riguardo ai criteri di valutazione dell’indipendenza e alle politiche retributive.

Retribuzioni dei ceo e dei direttori non esecutivi

Le retribuzioni dei ceo sono fortemente influenzate dalle dimensioni e dalla natura aziendale, con significative disparità tra grandi, medie e piccole aziende. Nelle grandi imprese, il 69% della compensazione è variabile, mentre nelle piccole aziende rappresenta solo il 33%.

Le retribuzioni variano anche per settore e genere. Le ceo femminili, sebbene siano solo il 5%, guadagnano meno dei loro colleghi maschi. Tuttavia, in contesti non finanziari e in piccole imprese, le ceo femminili tendono a guadagnare leggermente di più rispetto ai ceo maschi, sebbene il campione sia troppo piccolo per un’analisi statistica significativa.

Le retribuzioni dei direttori non esecutivi, invece, sono notevolmente inferiori ma più stabili rispetto a quelle dei ceo. Guadagnano in media 367mila euro i presidenti non esecutivi, 64mila i direttori indipendenti e 63mila gli altri direttori non esecutivi. Tuttavia, esistono variazioni basate sul ruolo svolto, sul settore e sulla struttura di proprietà dell’azienda.

Le differenze retributive tra uomini e donne tra i direttori indipendenti sono leggere ma presenti, con le donne che mostrano un lieve divario retributivo, principalmente guidato da compensazioni aggiuntive.

Infine, meno del 25% dei direttori esecutivi dimessi riceve un pagamento di liquidazione, con un pagamento medio di 1 milione che varia notevolmente tra i casi.

L’impegno verso la sostenibilità

Eppure, mentre la governance aziendale continua a evolversi, c’è un’altra dimensione cruciale che richiede attenzione: la sostenibilità. Un numero sempre maggiore di imprese, soprattutto quelle di dimensioni più contenute, sta integrando obiettivi di successo sostenibile nella propria strategia aziendale e sta sviluppando una governance più solida su questioni di sostenibilità.

Il recente aggiornamento del Codice di Governance Aziendale del 2021 ha introdotto il successo sostenibile come obiettivo primario per i consigli di amministrazione. Questo ha portato a un maggiore coinvolgimento dei consigli nelle strategie aziendali e nelle politiche di remunerazione, attraverso un dialogo più stretto con gli stakeholder.

Il mercato italiano: sfide e prospettive di miglioramento

Il contesto economico italiano si confronta con sfide strutturali che richiedono un intervento tempestivo e mirato per rilanciare la competitività globale del nostro mercato nazionale. La recente approvazione della Legge Capitali (Legge 21/2024) potrebbe rappresentare un punto di svolta cruciale, offrendo l’opportunità di riformare il diritto societario italiano e di rivitalizzare il quadro normativo, aprendo così la strada a una nuova era di crescita e prosperità.

Tuttavia, l’andamento della Borsa Italiana negli ultimi anni ha evidenziato una tendenza preoccupante verso un costante declino. Le crisi globali hanno influito pesantemente sui mercati finanziari, portando molte aziende a rinunciare alla quotazione in borsa o a trasferire la propria sede all’estero per cercare condizioni normative più favorevoli. Questo fenomeno non solo ha ridotto il numero di società quotate, ma ha anche influito sulla capitalizzazione complessiva del mercato italiano.

Un’altra problematica da affrontare è rappresentata dalla crescente presenza di società straniere nel nostro mercato, soggette a regolamentazioni diverse rispetto alle imprese italiane. Questa disparità normativa crea sfide di governance e compromette l’attrattiva del mercato italiano agli occhi degli investitori internazionali.

Per contrastare queste sfide e migliorare la competitività del mercato italiano, è essenziale un intervento mirato e concertato. La Legge Capitali, secondo il report, offre l’opportunità di riformare il diritto societario italiano, creando un ambiente più favorevole agli investimenti e alla crescita delle imprese nazionali. Solo attraverso una rapida e decisa azione legislativa possiamo invertire la tendenza attuale e riportare fiducia e dinamicità al nostro mercato finanziario.

Assonime, chi c’era all’incontro

All’incontro, concluso da Stefano Firpo direttore generale di Assonime sono intervenuti tra gli altri: Piergaetano Marchetti (Università Bocconi), Carmine Di Noia (Ocse), Stefano Cappiello (Mef), Chiara Mosca (Consob), Massimo Tononi (Comitato Italiano per la Corporate Governance) e Marco Ventoruzzo (Università Bocconi).

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